PRONTO CHI PARLA?

Ho la fortuna di avere un centro estetico abbastanza grande. Tanto per capirci lavoriamo qui in cinque.
L’equazione da come risultato che le clienti siano di numero considerevole e che io qualcuna non la conosca proprio.
Ognuna di loro telefona.

Ora. Diciamo che negli anni ho imparato a conoscere la voce di quasi tutte e che nel momento in cui sento pronunciare il nome della signora in questione, facilmente le associo un volto, ma a volte le donne sono bravissime a complicarmi la vita.

“Il Ninfeo buongiorno sono Stefania!”
“Ooooooo! Ciao Stefi! SONO IO”.
Ehmmm… Ciao TU.
Il mio schedario mentale inizia a scorrere all’impazzata.
TU incalza ” Mi hai riconosciuta vero?”
Oddio. Chi diavolo è?
” Dai, sono io”
Un aiuto da casa per favore…
” Ma Stefi! Sono Cri!”
Aaaaaaaaaa! Ecco chi sei! Una delle 20 Cristina che vengono qui….
” Ho bisogno di un appuntamento per le unghie”
Bene, sto restringendo il campo a 4 . Posso farcela.
” Ma nei mie soliti orari, perché poi ho i bambini, sai…”
Bingo!
Ma certooo Cristina TU, individuata!

Anche se le le migliori telefonate iniziano così :
” ciao Stefi, indovina chi sono?”
” ciao Stefi, vorrei un appuntamento per il mio solito”
” ciao Stefi, quando posso venire?”
I concorrenti di Gerry Scotti sono meno in difficoltà.

Al telefono il fraintendimento è un attimo.
“Signorina scusi sa se la chiamo all’ultimo, ma ho urgente bisogno di una ceretta entro domani”.
Scartabello, invento mentalmente ogni stratagemma per inserire l’emergenza in una giornata già pienissima e propongo le sei.
” Ok! Grazie mille, mi segni pure, ci vediamo domani mattina!”
Oh no!!! Io intendevo le 18. Va bene l’urgenza…

Urgenza… Spesso ricevo telefonate disperate. E quando dico disperate non esagero.
” Stefania La prego!! Ho un’unghia rotta e stasera ho una cena, mi faccia venire A QUALUNQUE ORA”.
Tra mezz’ora? Non ce la fa proprio.
Alle 11.30? No, ha i nipoti a pranzo, deve impanare le fettine!
Alle 14? Eh no, fa la pennica…
Alle 16.30? Ha la parrucchiera.
Alle 18.30? Troppo tardi.
Allora!!! Ha urgenza o no? Sbaglio o ha detto qualunque ora?
Passo alle minacce, funziona sempre.
Signora, allora la faccio passare domani.
” Va bene, verrò alle 14″.
Ecco brava, il riposino oggi lo saltiamo.

” Mi dia il primo appuntamento della mattina”
La segno per le 10 allora.
” Ma aprite così tardi??”
Lavoriamo 6 giorni su 7 dalle 10 alle 20 Signora. Più di questo mettiamo una tenda e dormiamo qui.
” Io volevo venire presto, tipo alle 8.30″
Se vuole quell’orario posso darglielo al sabato.
No il sabato no. Il sabato si dorme.

” Vorrei venire in pausa pranzo, sono lì da voi alle 13.37″ . Addirittura.

” Vorrei fare un massaggio. Domenica” .
Signora, la domenica siamo chiusi…
” Complimenti! Poi vi lamentate della crisi!”.
Accidenti. Il riposo dell’estetista non è contemplato…
Sa che c’è signora? Oggi è una di quelle giornate particolarmente ciniche. Faccia così : telefoni sabato che magari mi è passata.
Anzi meglio.
Chiami domenica.

{ Per la cronaca. Posso giurare di aver fatto depilazioni anche alle 23.30, prove trucco la domenica e limato unghie a clienti in ospedale. Sono cinica sì, ma ogni volta che posso mi faccio in quattro}

Il famoso PACCHETTO GAFFE

Ogni estetista ne possiede uno.
Inconfessabile.
Ogni estetista ha il proprio pacchetto di gaffe. Il mio è ben fornito.

Anche la più esperta collega sa che ci sono momenti in cui bisognerebbe tacere. Ma non ce la si fa.
Hai la domanda giusta nel momento sbagliato, sai che potresti evitare, e invece no. Insisti. La frase esce, leggera, svolazza in istituto, probabilmente nel preciso momento in cui le mille clienti presenti sono tutte, contemporaneamente, in silenzio.
La figuraccia è udibile a tutti. La tua credibilità vacilla.

Laura la conoscevo da un po’. Era venuta da me per la preparazione al matrimonio. Avevamo parlato tanto, in effetti, ma quel piccolo particolare mi era sfuggito…
Quella mattina a casa sua c’era fermento, gente che andava e veniva, fiori che arrivavano a montagne. Laura conteneva l’emozione a stento, visibilmente tesa ma felice.
Sto stendendo il mascara, e per sciogliere il ghiaccio, candidamente, ingenuamente, con forse anche una strizzata d’occhio ( ebbene sì) esordisco: “allora, dove l’hai spedita tua madre?”.
Ho detto proprio così : SPEDITA. All’altro mondo l’ha spedita, Stefania.
La folla intorno a me si è pietrificata. Fiume di lacrime in arrivo. Brava me.
Ho sperato che in quel momento si aprisse una voragine nel mezzo esatto del salotto e mi risucchiasse nel profondo degli abissi.
Correzione in corsa : ” Laura, sei cosciente del fatto che ho appena detto quel che non dovevo dire, ma soprattutto che hai il mascara fresco, quindi guai a te se piangi”. Risata generale. Meno male.

Qualche anno fa avevo un rappresentante, un tipo in gamba, simpaticissimo. Ci salutiamo prima di Natale, con un ordine di prodotti per il mese di gennaio e lui che parte per il Messico. Buon viaggio insomma. Gennaio passa e i miei prodotti non arrivano. Scatta la prima telefonata. Segreteria telefonica. Nei giorni successivi riprovo, nulla. Quindi attacco con i messaggi. Presa da foga, scrivo di tutto, compresi messaggi ironici in cui insinuo che lui sia scappato in Messico con soldi e prodotti. Zero.
Poi arriva la mattina x.
Esasperata, decido di andare alla fonte. Chiamo la ditta. Mica mi accontento della segretaria io, voglio parlare direttamente col capo.
Il suo buongiorno per me è aria fresca. Sono un fiume in piena:
” Allora adesso io Le spiego. Son due mesi che aspetto questi dannati prodotti, il vostro rappresentante si è dileguato, magari intascandosi pure i soldi, se non lavora più per voi che ci sia almeno la decenza di comunicarlo, ma Le sembra una cosa normale??? “.
Dall’altro capo del telefono un silenzio imbarazzato ” … vede Signora… Il Signor Marco non è più con noi…” .
Il mio cervello non recepisce. Annebbiato dalla rabbia. Insisto.
“A me poco interessa, non ci si comporta così, gli dica pure che in quanto rappresentante poteva almeno comunicarmi di aver cessato l’incarico!” .
Sento singhiozzare.
Molto bene Stefania. Marco si è suicidato. Le mie sinapsi si svegliano in un istante.
Il poveretto mi dà quindi un nuovo recapito. La nuova rappresentante, che per altro ha le chiavi del magazzino in cui sono custoditi i miei prodotti.
Riattacco, sbaccalita. Chiamiamo la signora allora.
” Pronto buongiorno, ho avuto il suo numero dal titolare. Guardi, sono un po’ interdetta, ho appena saputo di Marco, mai avrei detto, era un tipo così solare. Nella vita non si può mai dire…”
Una sola risposta: ” Non lo dica a me, sono la moglie”
Eh no!!!! Questa è una congiura!!!
Abbiamo risolto la nostra questione, e l’ho pregata di cancellare a prescindere ogni mio messaggio sul telefono di Marco.

Bruna ha sempre l’appuntamento il martedì mattina. Quel martedì lo salta, senza avvisare. Compare il mercoledì e confabula con la mia collega in reception. Ignara delle loro facce sfreccio di fronte a entrambe con un sorriso smagliante:
” wow Bruna!!! Oggi ti sei vestita da Minnie?”
Perché l’ho dovuto dire? Non era vestita da Minnie poi, aveva un abitino nero, che faceva molto funerale… Ecco. Faceva funerale di sua mamma.

Come non ricordare poi la mia Federica che consegna ad un cliente un campioncino di dopobarba, senza notare che ha in faccia un tappeto stile Babbo Natale, da sempre. Oppure Alice, che accoglie la sua cliente salutando il bambino che ha per mano chiamandolo nipotino ( era il figlio).

Gli esempi si sprecano. E temo siano in continuo divenire…

VIVA LA SPOSA!

Ho conosciuto Giulia anni fa e quel giorno lo ricordo benissimo.
Arriva trafelata. Lo stesso sguardo di un panda che scopre l’estinzione delle piante di eucalipto: angosciata.
“Ho un problema”
Che sarà mai?
“Mi sposo”.
Brava. Prendila con filosofia!

Le spose sono così. Tutto è complicato, tutto va veloce.
Ci pensano da quando son bambine al miracoloso giorno in cui diranno sì al loro principe azzurro. Hanno già tutto in mente, da sempre, programmano con tempistiche degne delle organizzazioni olimpioniche.
I guai sono dietro l’angolo. Pensano a tutto, ma proprio a tutto, ma qualcosa va sempre storto, l’isteria bussa alla loro porta già all’alba.

Finché arrivano da me. E si sfogano. La preparazione pre matrimoniale è un tour psicologico. Sono letteralmente stremate, pronte ad abbandonarsi alle mie amorevoli cure.
Pare facile, invece è un compito difficilissimo entrare nella loro psiche. Pazienza a palate.

Allora Giulia. Conosciamoci.
Dimmi, com’è il vestito?

Lo chiedo ma la risposta la conosco già.
La sposa ha un unico aggettivo per descrivere il suo abito.
Solo uno: SEMPLICE.
In vent’anni di carriera non ho mai incontrato una sposa che mi dicesse: Stefania , il mio vestito è una meringa di otto metri per quattro. Centomila fronzoli. Strass come se piovesse. Un’esagerazione sartoriale. Mai.
Il vestito della sposa è sempre semplice. Così semplice che il giorno dopo lo utilizzano per andare a far la spesa. Come no?

Giulia, che acconciatura farai?
Niente di che, ovviamente. Finché sfodera la pagina di giornale che ha portato alla collega pettinatrice, a cui va tutta la mia solidarietà: un’impalcatura che farebbe invidia al Re Sole.

Bouquet? Neanche a dirlo: essenziale.
Non rivela sicuramente che ha passato le notti a cercare su internet il sistema per torturare il fioraio, obbligandolo a ordinare l’ibisco direttamente dalla Polinesia.

Momento cruciale.
Giulia, come vorresti essere truccata?
Ta daaaaaan!!!!
NATURALE.
Giulia, e tutte le spose della terra, vengono da me con l’intento di farmi credere che il trucco non lo vogliono. Ma dietro a quel “naturale” si nasconde il desiderio di apparire come una diva da copertina. In effetti, non organizziamo mica tutto sto quarantotto per poi sembrare delle dodicenni alla cresima no?
E allora, avanti con le richieste.
Una delle mie preferite è stata Clara: ” …dunque Stefania ti spiego: il mio vestito è bianco e verde mela, la macchina tutta addobbata in bianco e verde mela, la chiesa ha fiori bianchi e verde mela, inviti ( provate a dire) bianco e verde mela, tavoli, centrotavola, candele, sbuffi e merletti tutto bianco e verde mela… Quindi pensavo, Stefania, il trucco….”
L’ho brutalmente stoppata, lo ammetto. Piuttosto che farle un trucco bianco e verde mela, cambiavo lavoro. No Clara non se ne parla neanche. Tutto ha un limite.

Unica eccezione alla regola: Chiara. Siamo amiche da sempre ed è andata dritta al punto: ” Ovviamente il trucco me lo farai tu, Stefi, ma sappi che io lo voglio PESANTE”. Ti amo. Come dice lei, chi l’ha detto che la sposa debba avere un trucco leggero?
Ora , senza pensare di dover apparire come Joker in Batman, ci si può sbizzarrire un po’, vi pare? Se no, che ci venite a fare dall’estetista?
Che poi lo so che quando vi arriva il file con le foto del grande evento vi guardate compiaciute!

Sul trucco la sposa ha tentennamenti di ogni tipo: ma dura a lungo vero? Beh, non quanto un tatuaggio, ma ci si avvicina. E se piango? Tranquilla che non piangi, ci penserà già tua madre. E se mi buttano in piscina? Cara, se lo fanno, denunciali. Ma a chi viene in mente di buttare la sposa in piscina? Se piove? Neanche rispondo, lo so che la zia Mariuccia per scaramanzia ti ha già procurato l’ombrello. Se mi baciano? Rassegnati, lo faranno tutti. Teniamo lontane le cugine con il rossetto rosso e stiamo tranquille. E se…..

Dai, lascia fare. Anche perché, diciamolo pure, sei bellissima. Quel giorno lo sei davvero. Non può essere che così. Dunque abbandonati al momento e goditi la giornata.
Ah dimenticavo.
I nostri prodotti da trucco sono testati dalla nazionale italiana di nuoto sincronizzato. Quindi, se ti buttano in piscina, il tuo problema sarà “solo” il vestito.

GLI SLIP MONOUSO…

Le mutandine di carta.
Meglio conosciute come gli slip monouso.

Sono in grado di mettere in crisi. Davvero.
La cliente le scarta, le guarda, le gira, osserva attentamente e inizia a domandarsi cosa farne.

Dunque.

Brevi cenni sull’oggetto in questione.
Punto primo ( non vorrei sconvolgervi) : hanno un davanti e un dietro, un sopra e un sotto.
Le ho viste infilare in qualunque modo. Mettiamoci il cuore in pace, sono una sorta di perizoma, micro perizoma, ma perizoma. Parte grande davanti, filo interdentale dietro. Pare banale, ma davvero qualcuno non lo capisce.
Uomini compresi.

Ora abbiate pietà : ma se un uomo me le indossa al contrario posso io non sgranare gli occhi? O si sottostimano, e pensano che quella microscopica striscia di tessuto basti a coprirli, o hanno dei problemi. Di comprendonio.
Gli uomini mi chiedono la mutanda monouso per fare il bagno turco. Li sento che armeggiano, finché cedono le armi. “Non mi vaaaaa”. Urlano tra una fatica e l’altra. “L’ha messa nel verso giusto?” Perché già me li immagino, imbarazzati dalla loro stessa visione. ” ah scusiiiii, la parte grande va davanti?”. Eh già.

La signora ” Franca” invece è andata in tilt completamente. L’ho lasciata da sola in cabina a spogliarsi e quando sono tornata l’ho trovata nuda come un verme e con lo slip monouso ben sistemato in testa: ” l’ho messa bene la fascetta?” . Ho pensato di morire. Mi sarei voluta fare un autoscatto, per immortalare la faccia più sorpresa e divertita di tutta la mia carriera. Con incredibile fermezza d’animo l’ho rincuorata, certo Franca, l’hai messa benissimo, adesso ti porto anche lo slip. Per farle quel massaggio senza ridere ho pensato a tutte le tragedie della mia vita.

A qualcuno comunque piacciono moltissimo: posso tenerle? Vanno benissimo sotto i pantaloni bianchi. Ah beh.
Per non parlare di chi proprio le adora. “Paola” una volta mi ha chiesto quanto costavano, ne voleva uno stock. A suo marito piaceva da matti strappargliele di dosso…. No comment. Ci si abitua a qualunque stranezza.
Compresa quella di clienti che le personalizzano: rompono i cordini laterali e li richiudono con due bei fiocchetti, così sono più carine…

Punto secondo: fanno all’uso. Le lamentele si sprecano: sono piccole, sono grandi, non mi coprono, sono scomode,… Fino ad arrivare alle sottigliezze: quelle che avevate prima erano più belle! Non le avete più quelle col bordo giallo?
Dai, sono uguali, hanno solo il bordo rosa. No. Quelle gialle erano meglio.

Va bene. Vi amo così. Strane e imprevedibili. Siete il mio sale quotidiano. Sennò a cosa penso nelle pause lavorative?