Sono andata a letto tardissimo come al solito. La sveglia suona presto e pagherei per non scendere dal letto. Ancora un minuto penso. No. 6.30 devo muovermi.
Vado in cucina e stropicciando gli occhi cerco a tentoni la caffettiera. Metto su il caffè. Ottimizzo facendo la pipì. Quei tre minuti sulla tazza servono ad avere un quadro generale. Fisso il muro e cerco di organizzare le idee.
L’induzione è velocissima. Il caffè è già salito. Lo mischio al latte freddo così va giù più in fretta.
Infilo un paio di scarpe a caso e esco coi cani. Sono in ritardo. Giro veloce dell’isolato. Forza ragazzi, svuotatevi che siamo di corsa.
Buongiorno!
Incontrare il vicino a quest’ora aumenta l’autostima. È conciato peggio di me, anche lui che trascina il suo bassotto.
Torno a casa.
Apro il frigo. Ho quattro colazioni diverse da preparare. Sono una macchina al mattino. Metto tutto in tavola e do il timer al latte.
Chiamo i bambini. Nella norma uno su quattro ,almeno ,piange al risveglio.
Due fanno le scale da soli, uno lo prendo in braccio, l’altro lo trascino per mano.
Forza ragazzi che siamo di corsa.
Cacchio. L’ho detto anche ai cani.
Sono stanca.
Sono le 7.10 e incito la truppa al trangugio. Il piccolo si macchia, sarà da cambiare tutto.
Rifacciamo le scale al contrario. Tutti in bagno. A turno si lavano, un po come i gatti, fa lo stesso. Ci penserò stasera.
Uno via l’altro si vestono e cambio il piccolo. Quattro bambini sono impegnativi.
Cartelle in spalla. Ho controllato tutti. Le scarpe le hanno. Giacca? Si, a posto.
Accidenti. Le merende. Torno in cucina, acchiappo un pacchetto a caso per ognuno, un succo. Caccio tutto negli zaini. Ci siamo.
7.50 partiamo in macchina. Cinture allacciate? Coro unanime. Tranne il piccolo che da solo non riesce. Scendo di nuovo. Lego il pulcino, rigiro intorno alla macchina che sembra enormemente lunga e avvio il motore.
Su la serranda del garage e si parte.
Traffico.
Un pullman. Dietro di me già suonano il clacson. È martedì. Mercato. Casino infernale.
Con grande fatica arriviamo alla scuola. Minaccio il piccolo: non ti slacciare che arrivo subito. Scendono tre bimbi, le cartelle, dai veloce, aspetta, dammi la mano, andiamo sulle strisce.
aspetta !!!
Gli metto talmente fretta che dimenticano di guardare se arrivano le macchine. Quando sarà tempo di mandarli da soli?
Sono le 8.05 e sono già stravolta.
Nel cortile due corrono all’ingresso. Il grande vuole ancora un bacio.
Dai che fai tardi!
Gli do un buffetto.
Schizzo verso la macchina ( oddio l’avevo chiusa?), e pulcino mi sorride chiuso dentro. Povero, penso. Mi fa tenerezza in quei momenti.
Si riparte. Andiamo all’asilo.
Suona il telefono. Lo sapevo.
È il veterinario. Dovevo portare il cane stamattina. Dimenticata. Lo richiamo dopo.
Ho bisogno di ferie. Dimentico tutto.
Traffico in aumento. Non arriveremo mai. Guardo nello specchietto. Pulcino si è addormentato. Un classico.
Curva destra. Sinistra. Ci siamo quasi. Risuona il telefono. Santocielo. Dai sono quasi arrivata. Adesso parcheggio e richiamo tutti.
Asilo in fermento. Nel parcheggio trovo spazio per miracolo. Adesso richiamo.
Cosa invento per il veterinario? Occupato.
Seconda telefonata. Potevo anche rimandare, le scocciature al mattino sono snervanti.
Aspetta. Riprovo il veterinario. Ci aggiorniamo al telefono. È gentile. Capisce che sono di corsa e lo immagino sorridere sentendo le mie scuse.
Ok.
Ho fatto tutto. Si riparte. Giro la macchina. Vado al lavoro.
Io al lavoro mi rilasso.
Cerco parcheggio. Dio che caldo. Prima di stasera sono sciolta.
Entro in negozio. Il telefono già squilla. Sorrido. Forza e coraggio. La giornata è lunga, piena , ma posso farcela.
È pomeriggio quando arrivano i carabinieri. È sua l’auto qui fuori?
Pulcino dormiva. L’ho dimenticato. In auto.
Fa caldo. E sono sono così stanca che l’unica cosa che desidero è morire anche io.