NOI, MADRI EQUILIBRISTE.

Ogni mattina uno studioso si sveglia e crea una percentuale, una statistica, analizza numeri.

Oggi per esempio ho letto che l’ultimo rapporto di Woman in The Workplace dice che nel Nord America, una donna su quattro vuole cambiare carriera o lasciare il lavoro.

Il report annuale di Save the Children ci ha definite “equilibriste, doppio turniste, triplo saltiste”. Il sottotitolo doveva forse essere “Save your Mum”…

Pare anche che le madri abbiano maggiori probabilità dei padri di avere problemi mentali … MA VAAAA?!?

La pandemia si è forse fumata i nostri progressi?

Non lo so. Credo però che un giro a casa di una madre lavoratrice italiana andrebbe fatta.

Tipo al mattino…

Ragazziiiiiiiiii ! Svegliaaaaaaa!

Dai che è tardi e sono due ore che vi chiamo. Il latte sarà freddo.

Tu cosa fai sotto quel piumone? Ti vedo eh! Ti stai lamentando di cosa? Della luce accesa? Se la lascio spenta partiamo domani.

Non strizzare gli occhi in quel modo, quante scene, so benissimo che sei sveglio, potevi andare a letto prima ieri sera. “Vai a letto, vai a letto”, mille scuse, ti sei coricato che io dormivo già.

Quelle mutande per terra? Non ti avevo detto di metterle nel cesto dopo la doccia ieri? Non è che posso sempre spezzarmi la schiena per raccogliere le tue cose dal pavimento. Dai che tuo fratello è già al tavolo.

Ritira la tua tazza per cortesia e piega il tovagliolo che non siamo ad un corso di origami. Forza. In bagno!

Lavate bene denti e faccia e non mi fregate che poi controllo. Fai aaaaaaaaaaa, ecco vedi? Torna indietro e usa il dentifricio, ti ho fatto umano, non gatto eh! Forza con l’acqua.

Come “cosa mi metto”! Apri il cassetto! Ma come “quale cassetto”! Quello del frigo, vai un po’ a vedere se trovi i calzini nel frigo? Ma dove stai andando? Stai veramente aprendo il frigo? Ma qui si dorme alla grandissima eh!

Stasera andate a dormire presto se no domattina siete peggio di oggi.

Chi ha la DAD stamattina? ho acceso il computer.

Ah nessuno? E dirmelo? Io con questi orari non capisco più niente. Quindi vi devo portare tutti e due a scuola? In succursale? E dov’è la succursale? Ma a scuola non avete più posti? Perché non vai alla tua scuola vera? Ma no che non me l’hai detto e lo sai che non sono nei gruppi delle mamme.

Ah! Dammi il diario che devo scrivere che non hai la febbre. Ma certo che non la misuro! stai benissimo! dai che è tardi, dammi una penna.

Cos’è che c’è scritto qui? È una nota questa? A quest’ora del mattino devo scoprire che giocavi con la gomma pane anziché fare i triangoli? Stasera la gomma pane la mangi per cena.

Voi due mi farete impazzire. Dai, andiamo, allaccia bene quelle scarpe che se cadi distruggi i denti, con quello che ci è costato l’apparecchio.

Scendiamo. Uno prenda il vetro e l’altro l’umido. No no, carini, io ho la mia borsa, il borsone del negozio e la tua cartellina di tecnologia, cosa devo usare, i piedi? Non è che posso fare tutto io qui, eh!

Dai, la macchina è laggiù. È lontana, lo so, ma ieri c’era posto solo qui, ma poi non è che morite se fate due passi. Per andare dagli amici scalate le montagne a piedi nudi, per arrivare alla macchina, lacrimoni…

Allacciate le cinture, dai che andiamo. Guarda che ti vedo dallo specchietto, eh!

a l l a c c i a t i ! Vuoi morire alla prima frenata?

Andiamo. Le mascherine le avete? Puoi non toccarmi tutte le rotelle che mi stari la radio grazie?

La mia cliente sarà già davanti al negozio. Cosa vuol dire “vabbè aspetta”, quello è lavoro, caro mio, argomento a te sconosciuto, caro il mio figlio dei tempi moderni.

A che ora uscite oggi? Possibile che non possiate uscire tutti alla stessa ora? Comunque, vi recupero, facciamo la spesa e poi dritti a casa che avrò da fare dieci lavatrici, voi e la vostra mania di cambiarvi tre volte al giorno. Una schiava sono, una schiava.

Chi? Matteo chi? A casa nostra? Oggi? Anche la taxista devo fare? Ma lo conosco? Fammi vedere la foto, no, non lo conosco. Ma sua madre lo sa o chiama Chi l’ha Visto? Non farmi fare figuracce, per cortesia.

Tu dimmi se i trattori devono girare a quest’ora del mattino. Suono il clacson perché dovrebbe lasciarmi passare, le madri dovrebbero sempre avere la precedenza.

Santocielo è tardissimo. Se arrivate tardi io non vi firmo nessuna giustifica, sia ben chiaro!

Dai. Siamo arrivati. Infilate le cartelle. Pronti a scendere…rapidi che ho gente dietro. Questa succursale è ben brutta. Vabbè.

Vi chiamo dopooo. E rispondete quando chiamo, il telefono serve a quelloooo.

Ciaooo.

Buona scuola!

Ecco.

Questa è la mattina. La prima mezz’ora della mattina.

Poi c’è il pranzo. Il pomeriggio. I Compiti. Le lavatrici. La cena. E a un certo punto, forse, si sviene nel letto.

Tra una cosa e l’altra, si lavora.

E noi, eroiche madri italiane, al lavoro, non rinunciamo.

Noi, al lavoro, ci riposiamo.

MANUALE DI SOPRAVVIVENZA per donne disperate.

Donne!

Abbiamo 21 giorni da organizzare!

Ci vorrà molta pazienza.

Molta.

Molta.

Molta.

Per questo ho pensato di darvi alcuni spunti per arrivare al giorno 22 senza pendenze penali.

1 • Pettinarsi accuratamente i baffi. Estetiste chiuse, baffi ad altezza sterno. Debitamente acconciati, saranno piacevoli.

Tempo previsto : 30 minuti al giorno.

2 • Imparare a mettersi l’eye liner.

Prima di andare in ufficio è il peggior incubo, perché a metà opera sei nera anche sugli zigomi. Questione di esercizio. Obbiettivo raggiunto con : 1 ora al giorno.

3 • Mettersi lo smalto e riuscire finalmente a farlo asciugare.

Non hai scarpe da mettere, cappotti da infilare. Una volta lavati i piatti hai tutto il tempo necessario.

Tempo medio: 2 pomeriggi a settimana.

4 • Farti la maschera viso senza paura che qualcuno suoni alla porta.

Alleluia! nessuno vuole entrare in casa tua e puoi mascherarti come il Grinch in totale serenità.

Tempo previsto: 30 minuti, due volte a settimana.

5 • Districare i peli delle tue gambe con la spazzola del gatto.

Le piscine sono chiuse, stiamo in tuta da mattina a sera, crescita incolta, accarezzamento stile pet therapy. Una cosa è certa: tuo marito non sbufferà più per i continui appuntamenti al salone di bellezza.

Tempo consigliato: 1 ora al giorno.

6 • Trovare acconciature che camuffino la ricrescita dei capelli bianchi.

A disposizione su YouTube specifici tutorial di Moira Orfei.

Tempo previsto: 2 ore al giorno con pianto incluso.

7 • Togliere i punti neri a tuo figlio adolescente.

È talmente stordito dal non poter uscire, che sarà persino docile.

Sessioni consigliate: 2 a settimana da 30 minuti circa.

8 • Osservarsi attentamente allo specchio e scoprire che oltre ai baffi, sta spuntando la barba.

La sessione è in tre tempi.

Prima fase: 30 minuti di panico disperato. Seconda fase: corrompere l’estetista con sms minacciosi, foto con zoom e messaggi vocali, per altri 30 minuti. Terza fase: accettazione, rassegnazione e “tanto non mi vede nessuno”. Ripetere 5 volte per 20 minuti a giorni alterni.

9 • Piegare tutto, lavare tutto, stirare tutto, fare torte, marmellate e arrosti, parlare con la lavatrice, ballare col ferro da stiro, usare i mestoli come microfoni per cantare, leggere i dieci libri che hai comprato, imparare il russo, russare al pomeriggio.

A scelta, ogni giorno, due ore, mattina o pomeriggio.

10 • Spiegare con calma a tuo marito cosa volevi dire ogni singola volta in cui ti ha chiesto cos’hai? e tu hai risposto “niente”. Qui è necessario che lui abbia a disposizione un divano e acqua fresca per idratarsi, e tu uno spazio sufficiente per camminare avanti e indietro gesticolando. Mi baso sui tempi minimi, perché valuto l’energia che ti serve e le mezz’ore in cui lui si addormenterà.

Tempo medio previsto: otto giorni.

Ok.

Direi che è un’ottima partenza.

Calcolando che dobbiamo anche lavarci, mangiare e dormire, direi che questi 21 giorni voleranno.

Fatemi sapere.

.: 39 :. Auguri a me! 

Il giorno del compleanno occupa da sempre una pagina dei miei diari. Virtuali o cartacei. Buona occasione per tirar le somme. 

39

L’impiccato. 

Spero che qualche napoletano mi rassicuri sul significato della smorfia. 

Insomma. Ultimo giro dei trenta. Per quanto io dica oramai da tempo di averne 40, chissà perché. 

39 sono gli anni del cambiamento

Un anno pieno, pienissimo. Quello che ricorderò sicuramente per il trasloco

La mia famiglia arcobaleno si è sciolta. Ho venduto la casa e prendo il volo. Tristezza e felicità mischiate insieme: apoteosi del mio personalissimo bipolarismo. Cambio umore a suon di minuti. 

Lasciare il porto per me ha un significato molto profondo. Che infatti scompensa un po’ chi mi sta intorno, perché davvero, per una volta, davvero, chiudo un capitolo

Per i miei 39 anni mi regalo un giro di spalle. È l’ora. 

Rimonterò la cucina e prometto di usarla. Di più. 

Avrò un prato per me, i bambini e i cani. Sarà un bell’ossigeno. 

Pochissime cose nuove. Ho già tutto ciò che mi serve. Mi impongo l’essenziale

Sarà un posto a modo mio. Un nido che voglio aprire senza più timore di doverlo difendere. 

Riattiverò il televisore. Aspettando l’inverno per un film sul divano. Ne ho bisogno. 

Ho la certezza del punto di partenza per ciò che mi sono ripromessa di fare da qui in avanti. 

Ho rotto quasi tutte le mie armature e mi carico di ciò che davvero ho voglia di fare : vivere. Bene. 

Nell’ultimo anno e mezzo ho calato quasi tutte le maschere. Ed è stato così liberatorio che finalmente assaporo molte più sfumature

Ho raggiunto traguardi importanti. Come madre. Come donna. Come professionista. 

Ne sono felice, anche orgogliosa, ma la mia natura mi impone di continuare. E ho in cantiere circa un centinaio di nuovi deliri. Prometto a me stessa di assecondarne almeno una decina. 

Mi arrabbio ancora troppo. Non così spesso ma quando mi arrabbio è furia

Sto cercando di domarmi. Di riflettere. Di cambiare prospettiva. 

Ma ci sono quelle tre o quattro cose su cui temo di continuare a friggere. Ci penserò per i 40. 

Ho ricevuto un enorme regalo. 

È così prezioso che non posso descriverlo. Continuerò a prendermene cura con tutto l’amore che ho. Lo merita

Ho un’idea importante a cui al più presto voglio dedicare tempo. 

Ho un pensiero che mi fa sorridere anche mentre cammino per strada. 

Ho un desiderio grande che spero si realizzi. 

È stato un bell’anno. 

( faticoso) 

Con poche ore di sonno ( ma quello oramai è tradizione, come dice un amico).

Meno virtuale e più reale. Un anno concreto e a modo suo determinato. 

Alcune certezze che rimangono : il caffè , la lotta coi miei capelli, la passione nello stomaco, ridere con le lacrime, piangere asciutto, la musica altissima in auto, la Sardegna nel sangue, la Toscana nel cuore, la macchina delirio, la sala chirurgica al lavoro, la fretta, il non mi basta il tempo, il non chiedere, l’apprezzare l’aiuto, l’ascoltare tutti e poi fare di testa mia. 

A diciotto anni ho impresso sulla pelle 

 ” rinata”. 

Credo che oggi potrei scriverlo di nuovo. 

Auguri a me! 

ANTONIETTA, CAFFÈ , E SORRISI BELLISSIMI. 

Oggi sono stata con i bambini alla lavanderia a gettoni.
Un posto strano, dove qualcuno rimane ad aspettare, altri lasciano i panni e poi tornano, e poi chi, come noi, decide che mentre la lavatrice gira si può andare ai giardinetti di fronte.

Oggi c’è  un bel sole caldo.

Irrompiamo nel locale. Cerchiamo istruzioni e gettoni e ceste.

In questo sfarfallio condito dallo stentato tentativo di una giovane cinese di darci aiuto, entrano due donne. Una spinge l’altra.

La carrozzina della più anziana viene velocemente posizionata contro il tavolino in centro alla lavanderia e la bionda badante si dilegua.

Strana cosa. 

Carico i miei panni e sbircio alle mie spalle la signora lasciata sola a fissare il muro di fronte a lei. 

Strana cosa. 

Avvio il mio programma, ripongo la cesta, controllo il timer e in effetti potrei andare ai giardinetti. Ma l’anziana trattiene troppo la mia attenzione. 

– Tutto bene Signora? 

– Sì sì. 

La voce è stanca. Riguardo il timer. Potrei andare… ma come faccio a lasciarla lì? 

– La signora che era con lei, dove è andata? 

– Non so, ha detto che doveva fare una commissione…

Diamine. Ho già mille retro pensieri. Si lascia una donna anziana da sola così ? Ma poi, in una lavanderia a gettoni. Davvero non capisco. Il mio frullare viene interrotto dalle sue parole.

– Vorrei tanto un buon caffè



Insomma. Poso la borsa sul tavolo, prendo in mano le maniglie e roteo la carrozzina. Siamo di fronte a un super tecnologico distributore di bevande calde. La Signora in un istante lo indica. Che faccio? 

– Senta però, lo può prendere il caffè? Non é che poi qualcuno torna e mi sgrida? 

– Lo vorrei lungo. Macchiato. 



Non molla. 
Le uccido un desiderio ? 

– Come si chiama Signora? 

– Mi chiamo Antonietta, ho novant’anni. E vorrei un caffè. Lungo. Macchiato. 

Ecco. Questa sono io da vecchia, penso. 

– Antonietta, facciamo così. Il caffè lo offro io, ma magari d’orzo, che ne pensa? 



Per la prima volta alza lo sguardo. Mi fissa in maniera così insistente che mi rannicchio subito ai suoi piedi. 

– Ho fatto la guerra sa? E in tempo di guerra ho bevuto litri di caffè d’orzo. Non ne bevo più. Nemmeno gratis. Quindi, per favore, mi dia un caffè, lungo, macchiato.



Inizia un monologo un po’ sgangherato in cui mischia di tutto. I suoi tre figli, i nipoti. Forse dei pronipoti ma non si ricorda. E il suo vicino di casa, che passa per strada ma non la saluta perché pensa che lei non capisca. Ma lei capisce tutto mi dice. Mica è stupida. Poi mi chiede come mi chiamo io. Risponde mio figlio, che si è accucciato pure lui, ad ascoltare il fiume di parole. 

– Stefania, senta la mia mano

e allunga questa manina bianca e macchiata, la pelle che è carta velina, fresca e morbida. La tengo tra le mie, ancor più calde del solito a quel contatto.
– Stefania sente che mano fredda? Ci va un caffè

Va bene. 
La interrompo mentre cerca i soldi nella tasca del cappotto. Frugo nel portamonete. Digito caffè, lungo, macchiato. Antonietta alle mie spalle stira un sorriso.

Quando prende il bicchiere tra le mani compie un gesto che riconosco subito : annusa. Annusa il caffè con gli occhi chiusi, una volta, due volte, poi beve. Lo faccio anche io. Riempio il naso di aroma e bevo nel momento in cui i sensi sono tutti accesi.

Adoro il caffè. 

Quando finisce mi porge il bicchiere vuoto, il viso soddisfatto e un grazie che vibra.

Mentre chiede qualcosa ai bambini entra la signora bionda. Comunico immediatamente di aver spacciato un caffè ad Antonietta, e Irina – si chiama così – fa la faccia della mamma che scopre la marachella del figlio. 

Irina ha tra le mani un bicchiere di caffelatte e un pacchettino di biscotti. Li ha presi al bar lì vicino, ma con la carrozzina, mi spiega, non riesce a entrarci. È l’unico caffè concesso a Antonietta, che però ha scoperto che se si fa “parcheggiare” alla lavanderia a gettoni magari un secondo caffè lo rimedia. 

Mio figlio mi sussurra ” furba!”. Ride.

– Mi hai fregata Antonietta ! 



Ridiamo tutti. Antonietta sorride con i suoi occhi stanchi. 

– Irina per me è tutto. È la mia famiglia. Mi vuole bene e si prende cura di me. Però Stefania, quel caffè del bar … fa schifo. …grazie! 



Il timer del mio programma asciugatura sta suonando. 

Non siamo andati ai giardinetti ma poco importa. 

Abbiamo conosciuto Antonietta e il suo caffè, che un po’ di amaro me lo lascia. 

Usciamo con i nostri panni lasciandole a bere il loro rito quotidiano. 
Vorrei tornare domani. Sicuramente le troverei lì, alla stessa ora. 
Invece ci incamminiamo verso la macchina. 

Fuori c’è il sole. 

E infatti deviamo e ci fermiamo a bere un caffè. Per Antonietta.