MANUALE DI SOPRAVVIVENZA per donne disperate.

Donne!

Abbiamo 21 giorni da organizzare!

Ci vorrà molta pazienza.

Molta.

Molta.

Molta.

Per questo ho pensato di darvi alcuni spunti per arrivare al giorno 22 senza pendenze penali.

1 • Pettinarsi accuratamente i baffi. Estetiste chiuse, baffi ad altezza sterno. Debitamente acconciati, saranno piacevoli.

Tempo previsto : 30 minuti al giorno.

2 • Imparare a mettersi l’eye liner.

Prima di andare in ufficio è il peggior incubo, perché a metà opera sei nera anche sugli zigomi. Questione di esercizio. Obbiettivo raggiunto con : 1 ora al giorno.

3 • Mettersi lo smalto e riuscire finalmente a farlo asciugare.

Non hai scarpe da mettere, cappotti da infilare. Una volta lavati i piatti hai tutto il tempo necessario.

Tempo medio: 2 pomeriggi a settimana.

4 • Farti la maschera viso senza paura che qualcuno suoni alla porta.

Alleluia! nessuno vuole entrare in casa tua e puoi mascherarti come il Grinch in totale serenità.

Tempo previsto: 30 minuti, due volte a settimana.

5 • Districare i peli delle tue gambe con la spazzola del gatto.

Le piscine sono chiuse, stiamo in tuta da mattina a sera, crescita incolta, accarezzamento stile pet therapy. Una cosa è certa: tuo marito non sbufferà più per i continui appuntamenti al salone di bellezza.

Tempo consigliato: 1 ora al giorno.

6 • Trovare acconciature che camuffino la ricrescita dei capelli bianchi.

A disposizione su YouTube specifici tutorial di Moira Orfei.

Tempo previsto: 2 ore al giorno con pianto incluso.

7 • Togliere i punti neri a tuo figlio adolescente.

È talmente stordito dal non poter uscire, che sarà persino docile.

Sessioni consigliate: 2 a settimana da 30 minuti circa.

8 • Osservarsi attentamente allo specchio e scoprire che oltre ai baffi, sta spuntando la barba.

La sessione è in tre tempi.

Prima fase: 30 minuti di panico disperato. Seconda fase: corrompere l’estetista con sms minacciosi, foto con zoom e messaggi vocali, per altri 30 minuti. Terza fase: accettazione, rassegnazione e “tanto non mi vede nessuno”. Ripetere 5 volte per 20 minuti a giorni alterni.

9 • Piegare tutto, lavare tutto, stirare tutto, fare torte, marmellate e arrosti, parlare con la lavatrice, ballare col ferro da stiro, usare i mestoli come microfoni per cantare, leggere i dieci libri che hai comprato, imparare il russo, russare al pomeriggio.

A scelta, ogni giorno, due ore, mattina o pomeriggio.

10 • Spiegare con calma a tuo marito cosa volevi dire ogni singola volta in cui ti ha chiesto cos’hai? e tu hai risposto “niente”. Qui è necessario che lui abbia a disposizione un divano e acqua fresca per idratarsi, e tu uno spazio sufficiente per camminare avanti e indietro gesticolando. Mi baso sui tempi minimi, perché valuto l’energia che ti serve e le mezz’ore in cui lui si addormenterà.

Tempo medio previsto: otto giorni.

Ok.

Direi che è un’ottima partenza.

Calcolando che dobbiamo anche lavarci, mangiare e dormire, direi che questi 21 giorni voleranno.

Fatemi sapere.

RINASCERE UOMO? Naaaa…

Quante volte le mie clienti sul lettino si dimenano tra dolori indecenti e a denti stretti mi sussurrano : nella prossima vita rinasco uomo.

Questo succede mentre io mi districo in operazioni ginecologiche di alto livello, spiegando che magari se evitassero il semplice risveglio primaverile del “levami tutti i peli” si soffrirebbe meno tutti.

Io compresa.

Non avrei nessuna voglia di rinascere uomo.

Un uomo oggi vive costantemente sotto la lente di ingrandimento. Molto più di noi.

Intanto magari ha una moglie che lo spedisce dall’estetista a levarsi i peli, e credetemi, soffre come un cane.

Ne ho visti in lacrime.

Perché, ricordiamolo, noi possiamo essere pelose, ma loro hanno le liane. Ascelle che sembrano capelli, schiene da pettinare, riporti sulle cosce. Prova a strapparli quei peli lì! e poi mi dici cos’è soffrire…

Noi siamo programmate al dolore, il fatto che non perdiamo la vita con le doglie dimostra il carico che ci ha donato la natura.

E poi noi pretendiamo di tutto.

Che siano maschi, ma teneri, che spacchino le pietre ma senza ruttare, che apprezzino la nostra cucina ma cucinando loro.

Vogliamo che facciano i fidanzati/mariti/amanti ma anche i padri. E che non vomitino cambiando un pannolino.

Che parlino. Che ascoltino. Che capiscano.

Cos’hai amore?

NIENTE.

E DEVONO capire.

Capire cosa? che nemmeno noi ci capiamo un cazzo di quello che ci passa per la testa…

Hai il ciclo? chiedono.

Perché poveretti mica hanno ancora capito che noi il ciclo l’abbiamo tutti i giorni. Basta un nulla, un respiro sbagliato, una parola storta, una piccola dimenticanza che il ciclo ci arriva.

Istantaneo.

Mentale.

E la menopausa non è un traguardo. Il ciclodramma non finisce MAI.

È perenne e avvolto nel mistero. Non si sa quando arriva, non si sa perché e non si sa QUANDO passa.

Stai male?

MA SECONDO TE? E parte il ruggito… poveretti.

Questi camminano sulle uova tutti i giorni, signore mie, con un inconfessabile terrore di essere sbranati a tradimento di notte.

L’uomo di oggi deve essere psicoginecologo praticamente.

Deve individuare il prima possibile l’inizio del nostro delirio e fare come fanno gli analisti : buttare lì una domanda e lasciare che la seduta inizi, pronto a una valanga di merda.

E questo se hanno la fortuna di avere in casa una donna che parla.

Perché se poco poco lei ha crisi sociopatiche con mutismo a oltranza, son cazzi.

Ditemi che non vi è mai successo. Togliergli parola, saluto, sguardo e ossigeno PERCHÉ DEVE CAPIRE.

Cosa deve capire?

Capisce che siamo matte…

“Gli uomini non sono più quelli di una volta”. Dico io, per fortuna.

Mio nonno, semplice e sincero, in situazioni come queste avrebbe consigliato senza giri di parole a sua moglie di buttarsi un po’ d’acqua fredda in faccia. Datti una calmata, insomma.

Gli uomini di oggi vivono con un punto interrogativo sulla fronte per massimo due giorni, poi in qualche modo si esprimono. È evoluzione della specie.

Lo sanno che siamo mine vaganti …

Un giorno è venuto qui un mio cliente e mi ha detto : Anna mi ha appena scritto un messaggio. Diceva : “pensaci e quando capisci ne parliamo”.

Secondo me ci sta pensando ancora adesso. Credo che si sia interrogato su qualunque cosa, dal bucato steso storto alla spazzatura non buttata, al ritardo di tre minuti e alla pasta cotta troppo al dente.

E poi magari Anna aveva accorciato la frangia e invece lui aveva notato le scarpe.

Ma ci rendiamo conto?

No no. Preferisco mille volte essere donna e sentirmi dire che sono ciò che ( in effetti) sono , che non dover vivere con l’ansia da prestazione sempre.

Che poi se son maschio e mi monta l’ansia anche il mio bene più prezioso (…) smette di rispondere ai comandi ed è un disastro su tutta la linea.

Noi ci appropriamo di tutti i ruoli e con fierezza sgomitiamo nel mondo. Tra sbalzi di umore e geometrie esistenziali, come diceva qualcuno, con la sola incombenza di levarci i peli.

E di essere in forma e sexy.

Mamme e amanti hard.

Lavoratrici e lupe alla tana. Organizzatrici di vite e orizzonti.

Dive da copertina con propensione allo sport.

Decise ma sorridenti.

Ferme e comprensive.

Empatiche.

Simpatiche.

Rapide ma non caotiche.

Intelligenti ma non noiose.

Tutto questo con il ciclo perenne.

Dai! è fighissimo! 🤦🏻‍♀️

20 ANNI FA : compleanno di una visione

Vent’anni fa sostenevo l’esame di maturità.

Come nel resto della mia carriera scolastica ho discusso con la presidente di commissione e sono uscita dall’aula sbattendo la porta.

Nemmeno mi importava dei voti sul tabellone. Il giorno successivo ero dal libraio a vendere tutto ciò che avevo. Al diavolo.

Fu la prima estate in cui non lavorai e mi concessi una vacanza. Un mese di mare insieme a Silvia, in terra madre. Saltammo sulla nave col passaggio ponte, direzione Sant’Antioco, l’isola nell’isola. Il sud più sud della Sardegna.

Fu una vacanza bellissima, tra disagi di acqua che mancava in casa, concerti al porto, mangiate colossali e sabbia nera ustionante.

La sera vagavamo alla ricerca di fresco e pensavo a cosa combinare nella mia vita.

Avevo visitato un paio di facoltà universitarie senza raccogliere grande entusiasmo. Sapevo tradurre il latino e il greco, adoravo scrivere, mi nutrivo di libri e spillavo birra nei locali ogni fine settimana.

Abilità poco produttive nel voler pianificare un’indipendenza.

Al ritorno a casa, silenzio notte e acqua scura. Il buio mi porta da sempre le migliori scintille.

Cosa farai ora?

Silvia me lo chiese sinceramente.

Farò l’estetista.

Lo dissi così. Nel mezzo del mare. Con i capelli a frustarmi la faccia sul ponte umido di una nave.

Vent’anni fa tornai a casa e cercai la scuola più vicina. Che poi era una sola, a mezz’ora di treno.

Incontrai Francesca, la direttrice, stupita di questo diploma classico tra le mani. Avevo i soldi da parte per pagarmi la retta, e la giusta incoscienza per inventarmi un futuro.

Sembra che tu lo faccia da sempre, diceva Francesca mentre armeggiavo in aula seguendo un ritmo nella testa che comandava i movimenti nelle mie mani durante i primi massaggi.

Un mese dopo, il primo posto di lavoro.

Comincerai dalle basi, disse la titolare.

E lavai cessi, spolverai prodotti e mobili, appesi cappotti di clienti che mi parevano delle matusalemme, per mesi e mesi e mesi. Alla faccia della base.

La mia svolta fu il licenziarsi di una collega. Mors tua vita mea – ecco a cosa serve il latino!- e iniziai così. Appuntamenti da smaltire e la sguattera che diventa presto preziosa.

Olè!

Non mi ha più fermata nessuno.

Da allora ho fatto parecchia strada. E me la sono sudata tutta.

Sono passati vent’anni e ancora Francesca si ricorda di me. E io penso a lei come la prima persona che abbia creduto nella scelta pazzoide di una diciannovenne che segue un istinto.

Dopo vent’anni ancora ragiono così. Penso la notte e realizzo di giorno. Seguo strade poco battute per sfidare con garbo chi pensa che non sia possibile.

Mi circondo di chi anima i miei giorni con altrettanta follia. E seguo l’insegnamento di uno dei miei maestri : se ti spaventa, è la scelta giusta.

Vent’anni fa in questo giorno, sceglievo una strada sconosciuta.

Vent’anni dopo ne cerco sempre di nuove. La sfida è la mia droga. Lo stimolo è l’inventiva. La soddisfazione è la realizzazione. L’insuccesso è la molla per migliorare. Perché se viaggi a certi ritmi qualche abbaglio lo prendi, è inevitabile, ma raddrizzi il tiro e vai avanti.

Ancora adesso, dopo vent’anni, ho chi mi chiede ” come pensi di fare?” .

Con la passione. Il fuoco sacro che alimento con ogni energia. Ciò che mi tiene viva e che mi fa pensare a me stessa come a una privilegiata che fa della propria professione il motivo per sorridere.

Sono passati vent’anni e me ne auguro altri venti altrettanto fighi.

Bel traguardo. Sono felice e motivata. Come il giorno in cui ho deciso chi sarei diventata. Un’estetista visionaria e fuor di schema, che sfrutta la notte per partorire le idee di giorno.

Per fortuna ho ottimi supporti e due figli che reggono il ritmo. E la coscienza lucida che se mi rinchiuderanno per delirio, avranno pur anche ragione.

Tra i pazzi, mi troverò benissimo.

.: 20 :.

ESTETISTA vs SMALTO

MARTEDÌ 

Stefania il colore dello smalto oggi lo faccio decidere a te.

Ok. NERO.

No.

Rosso classico?

No.

Ferrari?

No.

Bordeaux!

….no.

Allora NERO.

No. Qualcosa di acceso, magari.

Arancio.

No.

Fucsia.

No. Troppo. E un naturale?

Dai, mettiamo il NERO.

No. Chiaro.

Latte?

No.

Rosato allora?

No.

Cipria!

No. Pastello, hai qualcosa di pastello?

Azzurroverdeacquanonsoche.

No. Un prugna magari…

Questo?

No. Ha i glitter.

Non li ha.

Vero… ma…

Grigio!

Mmm…no.

Ottanio.

Cioè? 

Lasciamo stare.

Mi fai un blu? 

NO. Prendo il pantone?

Mattone c’è ?

Sì! Lo vado a prendere.

No. No va. 

E un ciliegia?

No. Senti. Scegli tu.

NERO.

Va bene. 


Olè!


VENERDÌ 

Stefania oggi ho le idee chiare.

Bene. Che smalto mettiamo?

Trasparente!

No, dai, trasparente no…

Allora al massimo un naturale.

Ti devi sposare?

Vabbe, ma non ho voglia di colore.

Naturali non ne ho ( bugia ).

Al massimo un pastello.

Come tua figlia?

No, infatti.

Dai, osiamo un po’.

Facciamo di nuovo il rosso?

No. Natale finito.

Arancio?

È inverno. Arancio finito ( bugia ).

Quel fucsia che mi piaceva?

Finito ( bugia ).

Blu?

Neanche morta. 

Va bene, Stefi. Fai tu.

NERO.

Perfetto.


Olè!

IL GUAIO DEL CHIAMARSI NINFEO

Quando ho deciso il nome del mio centro estetico non avevo certo idea dei guai a cui sarei andata incontro.

Tra me e me mi ero detta che chiamare il mio centro Il Ninfeo sarebbe stato come rendere unica la mia creatura. Le terme della città, evocazione dei bagni turchi romani, riti antichi, aggreganti. Un benessere che mi riportava indietro nel tempo, nella storia.
Invece mi sono complicata la vita.
Un incubo.

Per i primi due anni ho sentito chiamare Il Ninfeo nei modi più disparati.

La ninfa
Le ninfe
Ninfea
Ninfo
Ninfao
Ninf
Ninfeolo
Ninfee

Una tra le più bizzarre è certamente la signora che dopo sfiancanti ricerche sulla guida telefonica ( poteva cercare per anni…) entrava con aria scocciata dicendo “ Insomma ! Io il numero di telefono di questo Fauno proprio non l’ho trovato”. E certo che se cercava il Fauno era difficile arrivare al Ninfeo.

La mia fedele collaboratrice ricorda ancora il martedì mattina in cui suonò il telefono:
– Il Ninfeo buon giorno sono Alice!
Ecco si, adesso mi dica bene come vi chiamate che qua non c’è nessuno che sappia aiutarmi!
– certo signora, noi siamo Il Ninfeo
mmm, no no signorina, non si capisce , me lo ridica
– IL .NIN.FE.O.
oooooh! Signorina ! Me lo dica proprio lettera a lettera come M di Modena e R di Roma
{inizia lo spelling, comincio a guardare la povera Alice con occhi preoccupati}
no, signorina, anche così io non capisco. Oltretutto son qua in mezzo al mercato con la macchina e non riesco più ad andare nè avanti nè indietro!
( cacchio si è infilata dentro il mercato)
{ in lontananza fischio del vigile…}
senta signorina, adesso vedo di togliere la macchina da in mezzo alle bancarelle e proverò a cercarvi….
Sbuffo
Clic

Che dire? Se mai avrò un’altra attività la chiamerò Pelo e Contropelo. O magari Estetica Stefania , e chiusa la questione. Così magari non metto in crisi nessuno.
Oppure lo chiamo davvero Il Fauno.

Così quando mi cercheranno al telefono mi diranno: “è il Ninfeo?”
Ecco.


LA VERITÀ. 

La verità è che non puoi più essere solo un’estetista. Ricopri almeno una decina di ruoli accessori :

  1. Organizzatrice di eventi ( vedi capitolo sposa)
  2. Servizio emergenza pari al 118
  3. Commercialista ( anche se ne paghi uno)
  4. Consulente del lavoro ( vedi sopra)
  5. Psicologa
  6. Psichiatra
  7. Baby sitter ( perché fare un massaggio in relax quando puoi rovinartelo con un micro bipede che ti saltella intorno?)
  8. Dog sitter ( vedi Ciuffi)
  9. Saltimbanco ( a noi la giornata storta non è concessa)
  10. Wonderwoman

Ecco. Punti principali.

Io ho inserito l’11esimo. Il blog. Certo. Mi apro un blog e scrivo. Facile. Peccato che poi non ci stai dietro. E arrivi al punto che ti sollecitano ( ciao Laura P.). Quindi dici: è un anno che non scrivo /poi vi dirò perché / ricominciamo.

Riscarica l’app.

Inserisci mail.

Password.

Cazz….. La password. Ho inserito password per tre giorni. Vuoto totale. Ho provato di tutto, compreso ADESSOMIUCCIDO.

Niente. Finché capisco che posso rimediare cambiandola. Banale? Per niente. Marea di dati, numeri, nomi, codici … Ricordo le settimane di gestazione delle mie clienti e poi vado in panne per una password. Sto ricoprendo troppi ruoli? Forse.

Dai.  Ricomincio a scrivere. Che tanto non ho altro da fare.

FRANCESCA E CIUFFI. OVVERO, IL DELIRIO.

Francesca e la sua cagnolina sono clienti abituali.
Sì. Anche la cagnolina.
Ciuffi. Diminutivo di Ciuffina.
Precisiamo: la sottoscritta ha un cane, quindi capisce tante cose del rapporto umano/quadrupede, ma Francesca per me è un caso da studio.
Ciuffi non cammina. Sta benissimo, sia chiaro, ma Francesca sostiene che per convincerla a venire al centro estetico ci voglia la borsa trasportino.
Francesca entra al Ninfeo con Ciuffi in spalla, dodici chili di furbizia canina.
Arrivano spesso in ritardo, perché decidere il vestito da mettere è sempre una tragedia. Il vestito di Francesca? No, del cane.
Ho visto Ciuffi addobbata in qualunque modo. Tenute invernali, estive, sbarazzine, eleganti, colorate. Vestiti con gonna, tutù da ballo, felpe, piumini, smanicati. Il guardaroba di quel cane non lo possiedo nemmeno io. Ciuffi al mattino è sempre indecisa. Francesca impiega circa 40 minuti a capire cosa vuole indossare per uscire, dunque arrivano tendenzialmente 15 minuti dopo l’appuntamento fissato. È che sicuramente quella mattina era prevista la tenuta ginnica, ma poi la piccola fa le bizze perché vuole l’abito sportivo.
Francesca parla della cagnolina dicendo “mia figlia”. Ora, chiunque abbia un cane ha detto almeno una volta il mio bambino, la mia cucciola, e forse anche mia figlia. Ma per Francesca è la normalità. Dice “mia figlia” anche quando parla con le sconosciute in reception, che in un primo momento cercano in qualche dove una bambina, poi si rassegnano all’idea che si tratti effettivamente del cane.
Entrano e si siedono in poltrona.
“Ciuffi stai tranquilla che facciamo presto, tesoro, mamma fa veloce veloce veloce le unghiette e poi torniamo a casina”.
Ciuffi la guarda, secondo me con aria disperata. Francesca la interpreta come voglia di grissini.
“Ciuffi! Un altro grissinetto? Ma poi ti viene mal di pancia. Te ne do solo più uno, ma non dirlo a papà “.
Francesca mi ha spiegato che suo marito non è il vero padre di Ciuffina. Il vero padre è forse un bassotto.
Strano.
Lei invece è proprio la mamma.
Lo dimostra il fatto che l’ha allattata.
Voi penserete banalmente a un biberon. Una siringa. Macché.
Francesca l’ha allattata al seno. Ovviamente non aveva latte, ma Ciuffi succhiava che era una meraviglia.
Il giorno che me l’ha detto candidamente, ho saltato il pranzo. Giuro.
Ciuffina al Ninfeo si annoia a morte. La mia teoria è che si vergogni del pubblico delirio di sua madre. Ma Francesca la rassicura di continuo:
“Ciuffa, Ciuffi, Ciuffina, Ciuffolotta! Amore! Dai, che tra poco FACCIAMO GIOCO” .
Eh?
Nemmeno le madri più melense parlano così ai pargoli.
“Ciuffi? Chi c’è ? Chi c’è ? C’è PAPOI? ”
(PAPOI è il padre adottivo)
Ciuffina lo cerca. È la sua speranza di liberarsi della madre pazza.
“Nooo amore di mamma, non c’è PAPOI , non fare così, non piangere, no, scusa amore, era gioco, noooo”.
La poveretta si era illusa. Sperava in una fuga. Invece no, la seduta di manicure continua.
Comunque Francesca mi ha spiegato che loro si parlano. Non che si capiscono. SI PARLANO PROPRIO.
Ad esempio, quando Ciuffina sta male DICE a Francesca “portami dal veterinario”. Lo dice davvero. Io non l’ho mai sentita, ma forse quando è qui da me, così male non sta.
Oggi dovevano venire. Ma hanno disdetto. Ciuffi era troppo indecisa tra il vestito con la gonna di maglina e l’abito con la pelliccetta.
Succede. E la capisco pure la Ciuffi. Anche io non avrei messo nè uno nè l’altro.

TI PRESENTO CLAUDIA

Ogni tanto mi raccontano storie di persone strane e penso: la tizia in questione sicuro la conosco. Perché se qui intorno gira qualche signora stramba, è sicuro mia cliente.
Di avventrici a dir poco singolari ne arrivano a bizzeffe.
Il top è Claudia.
È una ragazza di età media.
Di media bellezza.
Con un lavoro mediamente interessante.
Anche l’intelligenza è nella media.

So che sembro negativa nel descriverla. In realtà il suo essere così sotto tono, diciamo, è in assoluto la sua grandiosità.
Claudia in effetti se la porti ad una festa probabilmente non se la ricorderà nessuno il giorno dopo.
Ma io….
Io la aspetto proprio.
E in onore del mio amore sconfinato per le sue chiacchiere le dedico un intero capitolo del mio blog.

Claudia porta gli occhiali. Sono enormi. Si ostina a mettersi sul viso una crema che credo sia a base di grasso di balena, quindi questi benedetti occhiali le cascano sulla punta del naso ogni trenta secondi circa.
Viene da me per fare la manicure. Limo la prima unghia, e trac! tira su la montatura. Seconda unghia, zac! occhiali. Ci impiego circa venti minuti in più del normale ad ogni appuntamento.

Non sorride nemmeno a pagamento. Claudia è sempre serissima. Perché crede fermamente ad ogni concetto che esprime.

” … Sai Stefania, io da anni sono vegetariana. Ho già pensato moltissime volte che in effetti potrei sopravvivere anche per giorni in un bosco. Mangiando bacche e scatolette di tonno…”.
Vegetariana? Tonno nel bosco? In scatola?
Che dire.

Quest’estate è stata in Grecia. Vacanza meravigliosa dice.
” La cosa più bella Stefania è stata che per la prima volta nella mia vita ho percepito l’utilità di aver studiato il greco al liceo classico: mi capivano tutti!”
Sicura?

Tutti gli anni attendo bramosa il Natale. Perché voglio sentire cosa si è studiata per il fidanzato. Claudia è per i regali utili. Regali che stanno quasi nella lista degli indispensabili, necessari. L’anno scorso sotto l’albero il buon Mario (che non conosco ma immagino della stessa forza) ha trovato un buono per una visita dermatologica: controllo nei. L’anno prima una detartrasi. Tre anni fa un week end a Medjugorie. Che avanguardia. Adoro.

Adesso si è fissata con il visual food. Peccato che non abbia idea di cosa sia. Per cui va fierissima delle composizioni di stelline che fa con le sottilette. Come guarnizione penserete. No. Come antipasto.
Oppure crea abbinamenti improbabili perché le piacciono i colori che vengon fuori. Voleva passarmi la ricetta di un fantastico primo piatto da lei inventato: trofie al pesto con gamberetti e bacon. Piatto vegetariano in effetti.

Un sabato è arrivata, si è seduta, mi ha fissata come si fissa il peggior nemico e esordisce:
“Dove sono i mostri?”
Che mostri Claudia? Vedi i mostri?
Ancor più contrita: “lo sapevo, neanche tu capisci la mia ironia. Anche in ufficio dico le cose e tutti mi guardano straniti. Intendevo i tuoi figli. È così difficile da capire?”.
Fatti due domande, dico io, se nessuno ti comprende. No?

Martedì si è presentata con un cerotto ENORME in mezzo alla fronte. Claudia, che ti è successo?
“Davvero ti sei accorta del cerotto?” . Eh, Claudietta mia, è almeno un metro per quattro. Difficile non vederlo.
“Adesso vado dal farmacista e mi sente. Gli avevo detto che lo volevo trasparente, mi aveva assicurato che non se ne sarebbe accorto nessuno”.
Allora magari, visto che serve a coprire un bubbone, riducilo un po’, che ne dici?
“Stefania, vedi, vengo da te perché mi dai sempre un giudizio professionale”.
Ma Claudia !!!

Stasera va a una cena. Ha optato per un look sobrio. Abito blu elettrico in seta, acconciatura nunziale e coroncina di strass nei capelli. Perfetto per un’osteria, direi. Ovviamente, neanche a dirlo, l’espressione sarà marmorea.
La attendo la prossima settimana. Mi dirà sicuramente che gli altri gretti commensali la guardavano strano.
Invidia, Claudia, tutta invidia.