Il 25 novembre 1960 le sorelle Patria, Minerva e Maria Teresa Mirabal, meglio conosciute come “Las Mariposas”, vengono uccise a bastonate e gettate in un dirupo dagli agenti del dittatore Trujillo, a Santo Domingo.
Erano già state arrestate e incarcerate per il loro attivismo contro il regime, e quel giorno stavano andando a trovare i mariti in carcere.
Nel 1993 la Dichiarazione di Vienna riconosce la violenza sulle donne come fenomeno sociale da combattere, e il 25 novembre viene scelto come giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.
25 Novembre 2021.
Quasi trent’anni dopo.
Vengono intervistati gli italiani e un uomo su tre dichiara che uno schiaffo ad una donna non é violenza.
Che forzare la propria partner ad un rapporto sessuale senza il suo consenso non sia violenza.
Ma davvero?
Sí…
Oltre cento donne sono morte in Italia quest’anno.
La maggior parte sono state uccise dal proprio compagno o ex compagno.
La maggior parte non aveva sporto denuncia, e intorno a loro, nessuno sapeva o immaginava nulla.
Come ci aspettiamo che qualcosa cambi se ancora nel mondo maschile uno schiaffo ( uno schiaffo!) non é un problema?
Se così é, allora voglio un mondo al contrario, dove chi tira sberle, sono io.
Cammino per strada, tu mi fissi, fai un commento e io ti tiro un ceffone.
Sono sulla metro, mi guardi, ammicchi, ti strizzi il pacco, mi vieni vicino bonfonchiando cose, e io ti prendo a sberle.
Sono la dottoressa della farmacia, ti accolgo con il camice bianco e ho un ruolo ben preciso, ma tu entri e dici “voglio che mi serva la bionda”. Scavalco il bancone e ti giro la faccia a mani piene.
Sono in discoteca. Inizi a strusciarti fino a che la tua mano piomba sul mio sedere e palpa decisa. Ti arriva uno schiaffo.
Sono la tua segretaria, mi umili davanti a tutti perché non cedo alle tue avance e io in riunione mi alzo e senza dir nulla ti gonfio la faccia.
Sono la madre dei tuoi figli, tu decidi che ti tradisco e fai scenate di gelosia e urli di tutto. Uso entrambe le mani per suonartele a dovere.
Funzionerebbe?
Non credo.
Sicuramente le donne in questo mondo utopico sarebbero serenamente alla pari ma … niente violenza, grazie.
Non voglio stare in una società in cui ad ogni angolo di strada si sente rumore di schiaffoni, perché purtroppo, questo é ciò che succederebbe.
Parlo da madre di due figli maschi. Sento di avere un dovere morale, una strada da tracciare, una missione speciale, ed é quella di far capir loro che al mondo esistono “esseri umani” che sono suddivisi grossolanamente in maschi e femmine, e che vanno rispettati tutti, proprio perché il denominatore comune di ogni persona é “l’essere Umana”.
Vorrei che crescessero rispettando tutti e che capissero che la violenza non é soluzione ma mezzo becero e deprecabile per sfogare una frustrazione che devono risolvere in altro modo.
Perché se un uomo arriva a menare le mani, dallo spintone allo schiaffo alle botte, o ad usare violenza addirittura mortale per esprimere il suo dominio nel mondo, ha un problema.
E quel problema é un problema di tutti noi, della nostra società, ancora così scarsa nel far passare i princìpi basici del rispetto.
Se oggi, un uomo su tre, adulto, senziente e pensante, ritiene ancora che sia normale schiaffeggiare una donna, signori miei abbiamo un problema grandissimo. E ne siamo tutti responsabili, chiudendo gli occhi su tutte le realtà che abbiamo sotto il naso.
Le botte non sono amore.
Gli schiaffi non sono amore.
Qualunque forma di violenza, fisica e psicologica, non é amore.
Nessuna donna merita violenza.
Non esistono le “botte buone”.
E nel 2021, se il nostro Paese permette ancora che ci siano cento donne morte ogni anno, una ogni tre giorni, significa che c’è un vuoto da colmare.
Le donne non parlano perché hanno paura. Hanno paura di non essere credute o di non essere protette. Hanno paura che la pena non sia adeguata e di dover ricominciare il loro incubo poco dopo. Hanno paura di aver provocato certe reazioni. Hanno paura di dover lasciare figli, casa o lavoro, perché se denuncio chissà cosa succede.
Spero che ognuno possa partire dai propri figli.
Spero che nelle scuole ci sia modo di parlarne tanto, tantissimo.
Spero che se tu noti che qualcosa non va, mi aiuti a parlartene.
Spero che i vicini di casa sentendo le urla non alzino la tv.
Spero che nessuno più creda che “é solo un livido, ho sbattuto”.
Spero che non ci debbano più essere orfani di madri morte per mano di un padre.
Spero che quell’uomo su quattro incontri qualcuno che gli spieghi che il suo pensiero può cambiare questo mondo.
Spero, e lo dico sempre, che gli uomini capovolgano il loro pensiero e capiscano che sono gli unici, gli unici! ad avere il potere di salvarci.
Spero di non dover più parlare di 25 novembre.
Perché le donne vanno amate e rispettate ogni santissimo giorno.