NOI, MADRI EQUILIBRISTE.

Ogni mattina uno studioso si sveglia e crea una percentuale, una statistica, analizza numeri.

Oggi per esempio ho letto che l’ultimo rapporto di Woman in The Workplace dice che nel Nord America, una donna su quattro vuole cambiare carriera o lasciare il lavoro.

Il report annuale di Save the Children ci ha definite “equilibriste, doppio turniste, triplo saltiste”. Il sottotitolo doveva forse essere “Save your Mum”…

Pare anche che le madri abbiano maggiori probabilità dei padri di avere problemi mentali … MA VAAAA?!?

La pandemia si è forse fumata i nostri progressi?

Non lo so. Credo però che un giro a casa di una madre lavoratrice italiana andrebbe fatta.

Tipo al mattino…

Ragazziiiiiiiiii ! Svegliaaaaaaa!

Dai che è tardi e sono due ore che vi chiamo. Il latte sarà freddo.

Tu cosa fai sotto quel piumone? Ti vedo eh! Ti stai lamentando di cosa? Della luce accesa? Se la lascio spenta partiamo domani.

Non strizzare gli occhi in quel modo, quante scene, so benissimo che sei sveglio, potevi andare a letto prima ieri sera. “Vai a letto, vai a letto”, mille scuse, ti sei coricato che io dormivo già.

Quelle mutande per terra? Non ti avevo detto di metterle nel cesto dopo la doccia ieri? Non è che posso sempre spezzarmi la schiena per raccogliere le tue cose dal pavimento. Dai che tuo fratello è già al tavolo.

Ritira la tua tazza per cortesia e piega il tovagliolo che non siamo ad un corso di origami. Forza. In bagno!

Lavate bene denti e faccia e non mi fregate che poi controllo. Fai aaaaaaaaaaa, ecco vedi? Torna indietro e usa il dentifricio, ti ho fatto umano, non gatto eh! Forza con l’acqua.

Come “cosa mi metto”! Apri il cassetto! Ma come “quale cassetto”! Quello del frigo, vai un po’ a vedere se trovi i calzini nel frigo? Ma dove stai andando? Stai veramente aprendo il frigo? Ma qui si dorme alla grandissima eh!

Stasera andate a dormire presto se no domattina siete peggio di oggi.

Chi ha la DAD stamattina? ho acceso il computer.

Ah nessuno? E dirmelo? Io con questi orari non capisco più niente. Quindi vi devo portare tutti e due a scuola? In succursale? E dov’è la succursale? Ma a scuola non avete più posti? Perché non vai alla tua scuola vera? Ma no che non me l’hai detto e lo sai che non sono nei gruppi delle mamme.

Ah! Dammi il diario che devo scrivere che non hai la febbre. Ma certo che non la misuro! stai benissimo! dai che è tardi, dammi una penna.

Cos’è che c’è scritto qui? È una nota questa? A quest’ora del mattino devo scoprire che giocavi con la gomma pane anziché fare i triangoli? Stasera la gomma pane la mangi per cena.

Voi due mi farete impazzire. Dai, andiamo, allaccia bene quelle scarpe che se cadi distruggi i denti, con quello che ci è costato l’apparecchio.

Scendiamo. Uno prenda il vetro e l’altro l’umido. No no, carini, io ho la mia borsa, il borsone del negozio e la tua cartellina di tecnologia, cosa devo usare, i piedi? Non è che posso fare tutto io qui, eh!

Dai, la macchina è laggiù. È lontana, lo so, ma ieri c’era posto solo qui, ma poi non è che morite se fate due passi. Per andare dagli amici scalate le montagne a piedi nudi, per arrivare alla macchina, lacrimoni…

Allacciate le cinture, dai che andiamo. Guarda che ti vedo dallo specchietto, eh!

a l l a c c i a t i ! Vuoi morire alla prima frenata?

Andiamo. Le mascherine le avete? Puoi non toccarmi tutte le rotelle che mi stari la radio grazie?

La mia cliente sarà già davanti al negozio. Cosa vuol dire “vabbè aspetta”, quello è lavoro, caro mio, argomento a te sconosciuto, caro il mio figlio dei tempi moderni.

A che ora uscite oggi? Possibile che non possiate uscire tutti alla stessa ora? Comunque, vi recupero, facciamo la spesa e poi dritti a casa che avrò da fare dieci lavatrici, voi e la vostra mania di cambiarvi tre volte al giorno. Una schiava sono, una schiava.

Chi? Matteo chi? A casa nostra? Oggi? Anche la taxista devo fare? Ma lo conosco? Fammi vedere la foto, no, non lo conosco. Ma sua madre lo sa o chiama Chi l’ha Visto? Non farmi fare figuracce, per cortesia.

Tu dimmi se i trattori devono girare a quest’ora del mattino. Suono il clacson perché dovrebbe lasciarmi passare, le madri dovrebbero sempre avere la precedenza.

Santocielo è tardissimo. Se arrivate tardi io non vi firmo nessuna giustifica, sia ben chiaro!

Dai. Siamo arrivati. Infilate le cartelle. Pronti a scendere…rapidi che ho gente dietro. Questa succursale è ben brutta. Vabbè.

Vi chiamo dopooo. E rispondete quando chiamo, il telefono serve a quelloooo.

Ciaooo.

Buona scuola!

Ecco.

Questa è la mattina. La prima mezz’ora della mattina.

Poi c’è il pranzo. Il pomeriggio. I Compiti. Le lavatrici. La cena. E a un certo punto, forse, si sviene nel letto.

Tra una cosa e l’altra, si lavora.

E noi, eroiche madri italiane, al lavoro, non rinunciamo.

Noi, al lavoro, ci riposiamo.

PUNTUALMENTE, IN RITARDO.

Non so voi, ma io continuo a sentirmi indietro di qualche passo.

Da questo fermo amministrativo alla vita, da questi tre mesi assurdi, fatico a riprendermi.

Credo che il primo ritardo sia iniziato la prima settimana di lock down.

Giorno uno: esplosione della caffettiera. Per una come me, che il caffè lo inietta in vena circa novanta volte al giorno, è stata una frustata in faccia.

Nello scoprire che le caffettiere non sono bene primario e che quindi non avrei potuto acquistarne un’altra, ho provato qualunque tipo di surrogato: caffè solubile, orzo, terra del giardino.

Nulla di buono. Il caffè è caffè, punto.

Credo che il mio ritardo sia iniziato così, con l’astinenza da caffeina.

La gente cantava sui balconi alle 18, e io ancora stendevo i panni.

La vicina di buon mattino impastava le fettuccine e io cercavo il senso della giornata.

Il mondo dormiva, io ero sveglia.

Mentre tutti trovavano fantastiche occupazioni e gioivano per questa ritrovata felicità casalinga, io rincorrevo giorni sempre uguali in cui mi sentivo letteralmente in gabbia.

Credo che casa mia abbia a un certo punto assunto le sembianze della puntata sette di “sepolti vivi”.

Il mio “io” ordinato era ovviamente in ritardo e ha lasciato rapidamente il posto alla quindicenne ribelle che appoggia tutto dove capita e “ci penso dopo”.

Salvo poi svegliarmi compulsiva, una mattina qualunque, e riordinare tutto come Marie Kondo.

Ditemi che non sono la sola… per favore …

Il primo giorno in cui mi sono seriamente guardata allo specchio ho capito che le settimane stavano inesorabilmente passando.

Capelli bianchi in prima linea, il degrado reso donna.

Ve lo ricordate come si sta senza parrucchiera e senza estetista?

Alla prossima pandemia lo specifichiamo a Conte che sono un bene primario?

Che piuttosto ci faccia sparire il detersivo, ma lasci aperti i centri bellezza! O no?

Ve li ricordate i baffi sino alle ginocchia?

Le ascelle di Tarzan?

La cofana in testa?

Ecco…

Tutto questo insieme al ruolo di casalinga, alla tuta-pigiama permanente e alla didattica a distanza: fonte di esaurimento quotidiano.

La didattica a distanza … vogliamo parlarne?

Almeno due lezioni alla volta, un solo computer. Ed è subito discussione tra fratelli.

Passava una nuvola, morta la connessione.

Entravano nell’aula virtuale e dopo dieci minuti venivano espulsi non si sa perché.

L’adolescenza scorbutica ha toccato vette altissime.

Parliamo di “CLASSE VIVA”?

Era viva veramente, mi sembrava un luogo nuovo ogni giorno, con i compiti che si mescolavano in ordine sparso. Cercavo aprile, usciva marzo, cliccavo matematica e si apriva il link, che rimandava al video, che conteneva la password per il quiz, che andava inviato via mail. Santocielo che fatica!

Le password …

Ne avremo create una cinquantina di nuove. Il mio frigo era tappezzato di promemoria, ma tanto anche quelle si rimescolavano in completa autonomia.

Io odio le password. Da quel momento, ancora di più.

Le lezioni delle elementari?

Sentivo il buongiorno della maestra e poi partivano le voci di tutti i compagni di mio figlio CONTEMPORANEAMENTE : maestra guarda il mio gatto! Maestra mia mamma qui ti saluta! Maestra guarda questo braccio che mi prude! Maestra hai visto la mia maglia?

Dopo un’ora era la stessa nausea del post montagne russe.

A settembre rivoglio la scuola.

Fate cosa volete, io rivoglio la scuola VERA.

Non “viva”.

E sono pronta a incatenarmi in piazza come Sandra Milo, urlando Ciro! Ciro! Oddio la scuola di Ciro!

Giuro che lo faccio.

Il ritardo mi è rimasto addosso.

Non so voi ma io ho perso il ritmo. Hanno riaperto i bar e non riesco a ritrovare nemmeno il vecchio tempo della colazione.

Sto dando la colpa persino al traffico. Mi sembra peggiorato, come se la gente non sapesse più guidare.

A me le strade vuote non dispiacevano affatto…

Sarà la folla di persone in giro? Non vi pare che siamo più di prima?

Osservo ciò che mi succede intorno e mi sembra pure che ci si sia incattiviti un po’.

Quelli degli arcobaleni e delle canzoni sul balcone dove sono finiti? In vacanza?

Non lo so.

Avrò tempo per capire questo nuovo mondo e di riappaiarmi con il giusto tempo.

Forse.

L’unica cosa che spero non passi, almeno non del tutto, è questa strana veglia notturna. Perché tante notti vi ho osservati dormire, amori della mia vita, e ed è stato bellissimo.

Che poi forse è il senso di questo gigantesco singhiozzo temporale:

fermarsi, osservare, amare.

Dicesi: vita.

MANUALE DI SOPRAVVIVENZA per donne disperate.

Donne!

Abbiamo 21 giorni da organizzare!

Ci vorrà molta pazienza.

Molta.

Molta.

Molta.

Per questo ho pensato di darvi alcuni spunti per arrivare al giorno 22 senza pendenze penali.

1 • Pettinarsi accuratamente i baffi. Estetiste chiuse, baffi ad altezza sterno. Debitamente acconciati, saranno piacevoli.

Tempo previsto : 30 minuti al giorno.

2 • Imparare a mettersi l’eye liner.

Prima di andare in ufficio è il peggior incubo, perché a metà opera sei nera anche sugli zigomi. Questione di esercizio. Obbiettivo raggiunto con : 1 ora al giorno.

3 • Mettersi lo smalto e riuscire finalmente a farlo asciugare.

Non hai scarpe da mettere, cappotti da infilare. Una volta lavati i piatti hai tutto il tempo necessario.

Tempo medio: 2 pomeriggi a settimana.

4 • Farti la maschera viso senza paura che qualcuno suoni alla porta.

Alleluia! nessuno vuole entrare in casa tua e puoi mascherarti come il Grinch in totale serenità.

Tempo previsto: 30 minuti, due volte a settimana.

5 • Districare i peli delle tue gambe con la spazzola del gatto.

Le piscine sono chiuse, stiamo in tuta da mattina a sera, crescita incolta, accarezzamento stile pet therapy. Una cosa è certa: tuo marito non sbufferà più per i continui appuntamenti al salone di bellezza.

Tempo consigliato: 1 ora al giorno.

6 • Trovare acconciature che camuffino la ricrescita dei capelli bianchi.

A disposizione su YouTube specifici tutorial di Moira Orfei.

Tempo previsto: 2 ore al giorno con pianto incluso.

7 • Togliere i punti neri a tuo figlio adolescente.

È talmente stordito dal non poter uscire, che sarà persino docile.

Sessioni consigliate: 2 a settimana da 30 minuti circa.

8 • Osservarsi attentamente allo specchio e scoprire che oltre ai baffi, sta spuntando la barba.

La sessione è in tre tempi.

Prima fase: 30 minuti di panico disperato. Seconda fase: corrompere l’estetista con sms minacciosi, foto con zoom e messaggi vocali, per altri 30 minuti. Terza fase: accettazione, rassegnazione e “tanto non mi vede nessuno”. Ripetere 5 volte per 20 minuti a giorni alterni.

9 • Piegare tutto, lavare tutto, stirare tutto, fare torte, marmellate e arrosti, parlare con la lavatrice, ballare col ferro da stiro, usare i mestoli come microfoni per cantare, leggere i dieci libri che hai comprato, imparare il russo, russare al pomeriggio.

A scelta, ogni giorno, due ore, mattina o pomeriggio.

10 • Spiegare con calma a tuo marito cosa volevi dire ogni singola volta in cui ti ha chiesto cos’hai? e tu hai risposto “niente”. Qui è necessario che lui abbia a disposizione un divano e acqua fresca per idratarsi, e tu uno spazio sufficiente per camminare avanti e indietro gesticolando. Mi baso sui tempi minimi, perché valuto l’energia che ti serve e le mezz’ore in cui lui si addormenterà.

Tempo medio previsto: otto giorni.

Ok.

Direi che è un’ottima partenza.

Calcolando che dobbiamo anche lavarci, mangiare e dormire, direi che questi 21 giorni voleranno.

Fatemi sapere.

I REGALI DI MERDA

Diciamolo serenamente.
Ad ognuna di noi è capitato almeno una volta di ricevere un regalo di merda. Uno di quelli da ricordare sino in punto di morte, da raccontare alle amiche, da segnare con l’indelebile nella memoria come il momento in cui la nostra aspettativa era mille e la delusione è stata un milione.

Nessun uomo può dire lo stesso. Per i maschi, sia ben chiaro, l’argomento è totalmente oscuro. Infatti sono campioni mondiali di regali di merda : imbattibili.

Noi donne, ogni santo giorno dell’anno, aggiorniamo il taccuino mentale che abbiamo nel cervello. Basta che lui dica “ Sai, ho visto…” oppure “ Mi piacerebbe…” o anche “Potremmo comprare…” , che a noi scatta l’appunto preciso.
Ho amiche che annotano tutto su carta, anche se la maggior parte delle donne inserisce le informazioni nel cassetto del “non lo dimenticare mai”, che si trova proprio di fianco a quello delle discussioni

Grazie a questo meraviglioso meccanismo, gli uomini scartano gioiosamente i loro pacchetti e per un algoritmo a loro sconosciuto, pronunciano tutti la stessa frase: “ Proprio quello che volevo! Ma come facevi a saperlo?”.

In un attimo ci gonfiamo d’orgoglio, ci scatta l’applauso interno, parte il trenino, i fuochi d’artificio, ci stringiamo la mano, chiamiamo le amiche, via ai comunicati stampa! In una parola: la gioia!

Bene.
Questa strada, come dicevo, è però a senso unico. Gli stratagemmi ( e credo siano stati tentati tutti) sono assolutamente vani.

METODO CLASSICO
In giro, passeggiando, distrattamente “ Amore, possiamo dare un’occhiata alla vetrina delle borse? AVREI PROPRIO BISOGNO DI PRENDERNE UNA NUOVA”. Non ci siamo, troppo vago. Capirà che ve la volete comprare da sola, e così sarà.

METODO DEL RACCONTO METAFORICO
A cena, a pranzo, in auto, inizierete il racconto della vostra carissima amica che “ Pensa tesoro, era a passeggio con suo marito, si è fermata di fronte ad una vetrina, ha indicato una borsa che le piaceva tantissimo e lui le ha fatto una sorpresa e le ha regalato PROPRIO QUELLA!”. Inutile. Penserà che tanto la vostra amica è fortunata, quanto il marito è zerbino. Di speciale non ci vedrà proprio nulla. Le manovre a comando li urtano e questa tecnica, vi avviso, nasconde parecchie insidie. Il rischio che parta una discussione è elevatissimo e il metodo si rivelerà controproducente.

METODO DEL TELEFONO SENZA FILI
Ovvero il sussurro casuale. Lo spiffero arriva a madre, sorelle, amiche comuni con indicazioni casuali. “ Se PER CASO dovesse chiederti cosa voglio che mi regali, digli che in quel tal negozio ho visto la tal borsa in vetrina…”. Qui il rischio è ENORME. Se la persona delegata non è un ninja d’assalto come voi le indicazioni saranno vane. Avete presente un uomo in un negozio di borse? Per lui son tutte uguali. Arriverà a casa con “una borsa” ma non QUELLA, non di quel colore, genere e forma. Delusione tripla e cambio assicurato.

Personalmente ho adottato un metodo infallibile. Ho stilato e resa pubblica la mia lista dei regali di merda, così da escludere almeno una serie di facce di marmo. Se arrivano, vuol dire una cosa sola: mi odia.
Vale per qualunque ricorrenza e si aggiorna in continuazione.
Eccola.

10 – Le rose blu. Giuro che non esiste un’invenzione peggiore. Blu è il cielo. Gli occhi. Il mare. Le rose NO. Sono orrende. Petizione annessa per farle scomparire, insieme all’ombretto abbinato.

9 – L’abbonamento in palestra. Se ci voglio andare ci penso da sola. Facciamo che ci vai tu, pedalando veloce.

8 – Il super mega libro di cucina. Che è un po’ come dire “studia che puoi solo migliorare”. La prossima volta che ti invito a cena, ricordami che ho un impegno.

7 – Il maglione peruviano. La cuffia peruviana. La sciarpa di alpaca. I calzettoni di lana cotta. I guanti di sta cippa. Suoniamo il flauto di Pan un’altra volta, ok?

6 – I portachiavi tutti. Ma secondo te sono arrivata a quarant’anni senza un diavolo di portachiavi? O ha intorno una macchina , oppure evita pure.

5 – Le tue foto dal fotografo. Tu col gatto. Tu coi figli. Tu nel bosco. Tu appoggiato/a in qualche posto improbabile vestito/a come un casting di Vogue. Se volevo una tua foto te la facevo e la stampavo. Poi la incorniciavo e te la regalavo io. Per dire.

4 – Pigiami. Mutande. Canottiere. L’unica eccezione la posso fare per mia nonna, che se non me li regala mi preoccupo. Tu lascia stare.

3 – La compilation di merda del cantante defunto. Al pari di un paio di quelli vivi, tipo Gigi d’Alessio, Povia, Vasco Rossi o Ligabue.

2 – I libri di Fabio Volo. Niente da aggiungere. 

1 – Gli Angeli della Thun. Gli animali con problemi della Thun. Gli orecchini della Thun. Qualunque cosa a marchio Thun. Sono frutto dell’insonnia di una mente perversa. Facciamo tutti finta che ci piacciano, quando in realtà sono il vero regalo di merda. Il numero uno. Oltre a questo, puoi solo incartare un rutto. E buon Natale.

Fatela anche voi.
Appendetela al frigo, usatela come foto profilo o nelle storie di whatsapp. Fatene bandiera.
Per tutto il resto le soluzioni sono solo due: scartare, sorridere amorevolmente dicendo “Grazie è bellissimooo!”, ricordando lo sforzo titanico fatto da quel poveretto, e poi il giorno dopo, entrare nel dannato negozio per comprarvi la borsa.
Proprio quella.
Quella che vi piace da matti e che santocielo in vetrina soffre.

E tanti auguri.

O LA BORSA O LA VITA? La borsa!

Vedevo giorni fa un servizio su uno scippo in strada.

Scena :

Malvivente punta anziana con borsa.

Malvivente acchiappa borsa con rapido strattone.

Anziana rimane incollata alla borsa e si fa trascinare da malvivente.

Giuro! non la mollava! La forza di cento leoni!

Ora. Cosa terrà mai in borsa un’anziana signora di tanto prezioso da non lasciare la presa in quel modo? I soldi della pensione : è l’unica risposta sensata.

Penso al contenuto che potrebbe avere quella di mia nonna.

Tipo :

Portafogli con qualche spiccio per comprare due mozzarelle alla drogheria di quartiere.

Tessera del Maxisconto.

Busta di nylon ripiegata con chiusura a bottone. Biglietti di vario tipo.

Fazzoletti. Cellulare vecchio e rigorosamente spento.

Una matita.

Foto del marito defunto. Foto della figlia del cugino vivo. Foto del nipote quando era militare ( ora è nonno a sua volta).

Nessun documento, solo fotocopie ( anziana ma non stupida).

Le chiavi no. Sono in tasca.

Anelli no. Sono legati alla catenina.

Forse, da buona sarda, può avere in borsa un coltellino. Unico pezzo prezioso. Ma non devo dirlo o si arrabbia.

Il resto vale zero.

Nonostante questo, sono certa che si farebbe trascinare per chilometri pure lei, pur di non mollare la sua preziosa borsa.

In barba all’età, è una donna santocielo. E con la borsa ci andrebbe pure a dormire!

La capisco. Farei esattamente lo stesso.

Praticamente la natura ci regala alcuni equipaggiamenti naturali con cui fare i conti : i peli, le tette e la borsa.

Tutta la vita.

Ma se con peli e tette vale la regola del bluff ( i peli li togli e sembra che non li hai, mentre le tette le inguaini e sembra che le hai) con la borsa non si mente.

La borsa racconta tutto.

Guarda una, una che entra in un locale, per dire. Guarda la sua borsa e puoi già fare una mezza seduta psicologica.

Intanto : la dimensione.

Una donna che si rispetti trasporta una borsa a cui mancano solo le ruote per essere una valigia. Perché la borsa è casa.

In borsa hai TUTTO.

Lo spazzolino, lo specchio 3D, cibo, deodorante, agende, libri, chiavi di casa anche dei vicini, album da disegno, chiodi e martello e trapano, piumino per la polvere, costume da bagno e ombrello per la pioggia. Trucco da giorno. Stucco per la sera. Una penna. Pure due.

Tutto questo perché non si sa mai …

Hai bisogno di qualcosa? Fame? Sete? Voglia di qualcosa di buono? Ambrogio levati che apro la borsa.

Se hai figli poi … trasporti pure abaco e dizionario e mutande di ricambio.

E se una donna non ha una borsa gigante, per me, ha qualche problema. Cioè : come fa?

Io, per dire, quelle con la pochette le guardo con sospetto … ma che ci mettono dentro? Le parolacce che non osano dire?

Le borse piccole le hanno senza dubbio inventate i maschi. Solo un uomo può pensare che si possa scegliere il contenuto: rossetto o profumo? chiavi o fazzoletto? telefono o sigarette? scarpe o assorbenti?

No, non si può. Bisogna mettere tutto.

Le pochette le hanno inventate per i matrimoni, ossia per quando sei vestita come una rimbambita e hai bisogno di qualcosa tra le mani per alleviare l’imbarazzo.

L’avete notato vero che ai matrimoni hanno tutte la borsa piccola? Perché quella vera rimane in macchina, nascosta da un drappo, e alla festa ci vai con quella finta. Giusto da tener dentro il cellulare per fare la foto con la tua amica vestita in verde merda, la stola sulle spalle e lo smalto viola.

Ecco. Ai matrimoni fiumi di stole e pochette, praticamente il teatro dell’assurdo.

La borsa

Deve

Essere

Grande !

E con il peso specifico di un trattore.

Le vere borse PESANO. Pesano della sostanza di mondi paralleli che trasportiamo a spalle e che si mischiano in rigoroso ordine sparso. Altro che divisori!

Ah, un consiglio.

Non svuotatele mai del tutto!

Io ad esempio tolgo i pezzi necessari, tipo portafoglio e portatutto, portaqualche, chiavi di casa, del negozio, chiavi inglesi, calze, mutande, fazzoletti, salviette, roll on, roll off, roll up, rock and roll… insomma, ciò che mi serve strettamente, e il sottobosco lo lascio.

Così quando la riprendo sei mesi dopo diventa la fiera della gioia : oh il mio becco per i capelli! oh ecco qui i guanti! oh queste caramelle del 1989, vediamo se sono ancora buone!

E poi i soldi!

Al cambio borsa guadagno sempre almeno venti euro in monete sparse in vari canestri al volo.

Dunque.

La borsa o la vita?

Coincidono… come si fa a scegliere?

Sai cosa? Scelgo la borsa.

Che se la tiro in testa al malvivente lo tramortisco sicuro, e ho salva la vita.

Vedi?

Borsa!

In foto : borsa oversize tote bag eidosaronno. Oserei dire : LA borsa.

RINASCERE UOMO? Naaaa…

Quante volte le mie clienti sul lettino si dimenano tra dolori indecenti e a denti stretti mi sussurrano : nella prossima vita rinasco uomo.

Questo succede mentre io mi districo in operazioni ginecologiche di alto livello, spiegando che magari se evitassero il semplice risveglio primaverile del “levami tutti i peli” si soffrirebbe meno tutti.

Io compresa.

Non avrei nessuna voglia di rinascere uomo.

Un uomo oggi vive costantemente sotto la lente di ingrandimento. Molto più di noi.

Intanto magari ha una moglie che lo spedisce dall’estetista a levarsi i peli, e credetemi, soffre come un cane.

Ne ho visti in lacrime.

Perché, ricordiamolo, noi possiamo essere pelose, ma loro hanno le liane. Ascelle che sembrano capelli, schiene da pettinare, riporti sulle cosce. Prova a strapparli quei peli lì! e poi mi dici cos’è soffrire…

Noi siamo programmate al dolore, il fatto che non perdiamo la vita con le doglie dimostra il carico che ci ha donato la natura.

E poi noi pretendiamo di tutto.

Che siano maschi, ma teneri, che spacchino le pietre ma senza ruttare, che apprezzino la nostra cucina ma cucinando loro.

Vogliamo che facciano i fidanzati/mariti/amanti ma anche i padri. E che non vomitino cambiando un pannolino.

Che parlino. Che ascoltino. Che capiscano.

Cos’hai amore?

NIENTE.

E DEVONO capire.

Capire cosa? che nemmeno noi ci capiamo un cazzo di quello che ci passa per la testa…

Hai il ciclo? chiedono.

Perché poveretti mica hanno ancora capito che noi il ciclo l’abbiamo tutti i giorni. Basta un nulla, un respiro sbagliato, una parola storta, una piccola dimenticanza che il ciclo ci arriva.

Istantaneo.

Mentale.

E la menopausa non è un traguardo. Il ciclodramma non finisce MAI.

È perenne e avvolto nel mistero. Non si sa quando arriva, non si sa perché e non si sa QUANDO passa.

Stai male?

MA SECONDO TE? E parte il ruggito… poveretti.

Questi camminano sulle uova tutti i giorni, signore mie, con un inconfessabile terrore di essere sbranati a tradimento di notte.

L’uomo di oggi deve essere psicoginecologo praticamente.

Deve individuare il prima possibile l’inizio del nostro delirio e fare come fanno gli analisti : buttare lì una domanda e lasciare che la seduta inizi, pronto a una valanga di merda.

E questo se hanno la fortuna di avere in casa una donna che parla.

Perché se poco poco lei ha crisi sociopatiche con mutismo a oltranza, son cazzi.

Ditemi che non vi è mai successo. Togliergli parola, saluto, sguardo e ossigeno PERCHÉ DEVE CAPIRE.

Cosa deve capire?

Capisce che siamo matte…

“Gli uomini non sono più quelli di una volta”. Dico io, per fortuna.

Mio nonno, semplice e sincero, in situazioni come queste avrebbe consigliato senza giri di parole a sua moglie di buttarsi un po’ d’acqua fredda in faccia. Datti una calmata, insomma.

Gli uomini di oggi vivono con un punto interrogativo sulla fronte per massimo due giorni, poi in qualche modo si esprimono. È evoluzione della specie.

Lo sanno che siamo mine vaganti …

Un giorno è venuto qui un mio cliente e mi ha detto : Anna mi ha appena scritto un messaggio. Diceva : “pensaci e quando capisci ne parliamo”.

Secondo me ci sta pensando ancora adesso. Credo che si sia interrogato su qualunque cosa, dal bucato steso storto alla spazzatura non buttata, al ritardo di tre minuti e alla pasta cotta troppo al dente.

E poi magari Anna aveva accorciato la frangia e invece lui aveva notato le scarpe.

Ma ci rendiamo conto?

No no. Preferisco mille volte essere donna e sentirmi dire che sono ciò che ( in effetti) sono , che non dover vivere con l’ansia da prestazione sempre.

Che poi se son maschio e mi monta l’ansia anche il mio bene più prezioso (…) smette di rispondere ai comandi ed è un disastro su tutta la linea.

Noi ci appropriamo di tutti i ruoli e con fierezza sgomitiamo nel mondo. Tra sbalzi di umore e geometrie esistenziali, come diceva qualcuno, con la sola incombenza di levarci i peli.

E di essere in forma e sexy.

Mamme e amanti hard.

Lavoratrici e lupe alla tana. Organizzatrici di vite e orizzonti.

Dive da copertina con propensione allo sport.

Decise ma sorridenti.

Ferme e comprensive.

Empatiche.

Simpatiche.

Rapide ma non caotiche.

Intelligenti ma non noiose.

Tutto questo con il ciclo perenne.

Dai! è fighissimo! 🤦🏻‍♀️

SIGLA! Annoduemiladiciassette

I bambini stanno bene. Come sempre, si parte dalle cose importanti davvero.

Molti sorrisi.

Molta fatica fisica.

Molta testa impegnata.

Un anno pazzesco. Di nuovo.

Ho allenato la pazienza. L’ho usata e ne sono felice.

La mia promessa è rimasta al dito e la ricordo ogni giorno. Ci sto riuscendo.

Tantissima luce. Pochissimo buio. Rivoluzione. E non è tutto merito mio.

Ho espresso un desiderio. Non è stato il suo anno, ma tutto non si può avere. Anche questo è il bello.

Cambiamenti. Tantissimi.

Attendo i prossimi, basta che non inizino con la parola “trasloco” però. Quello basta.

Soddisfazioni (enormi ), gioia, stupore e meraviglia.

Porto spesso con me l’idea di non meritarlo. Invece, a volte, succede.

Ho detto molti grazie. Sono stata aiutata, supportata e amata. Quei grazie non basteranno mai.

Sono piena di gratitudine per questo anno e per le persone che ne hanno fatto parte.

Buona quanto basta ma mai a caso. Ancora fatico a dimenticare. Non sarei io, se non per somma di eventi.

Pretendo spesso la lettura della mia mente. La comprensione degli intenti. L’ubiquità. Il far tutto e bene. Pretendo il massimo. Ecco : potrei smetterla tanto non ci riesco. Per ora…

Amici solidi. Hanno ascoltato preoccupazioni, drammi passeggeri, lacrime private, ansie immotivate. Quelle cose da femmine che mi tengono a terra e mi fanno toccare con mano tutta la mia fragilità. Grazie.

Sono successe moltissime cose, alcune molto potenti. Hanno un vettore speciale, e occhi “grandissimi e belli”.

Un anno privilegiato. Nulla è stato gratis, ma tutto ha trovato il suo posto. Me compresa.

Il 2018 sarà l’anno dei miei 40.

Li ho da un po’ ma quest’anno li compio davvero. Ci vuole una festa, santocielo !

Saluto l’anno più impegnativo in assoluto. Ho dato tutto ciò che potevo. E vorrei continuare a farlo.

Avanti tutta !

SIGLA!

.: 39 :. Auguri a me! 

Il giorno del compleanno occupa da sempre una pagina dei miei diari. Virtuali o cartacei. Buona occasione per tirar le somme. 

39

L’impiccato. 

Spero che qualche napoletano mi rassicuri sul significato della smorfia. 

Insomma. Ultimo giro dei trenta. Per quanto io dica oramai da tempo di averne 40, chissà perché. 

39 sono gli anni del cambiamento

Un anno pieno, pienissimo. Quello che ricorderò sicuramente per il trasloco

La mia famiglia arcobaleno si è sciolta. Ho venduto la casa e prendo il volo. Tristezza e felicità mischiate insieme: apoteosi del mio personalissimo bipolarismo. Cambio umore a suon di minuti. 

Lasciare il porto per me ha un significato molto profondo. Che infatti scompensa un po’ chi mi sta intorno, perché davvero, per una volta, davvero, chiudo un capitolo

Per i miei 39 anni mi regalo un giro di spalle. È l’ora. 

Rimonterò la cucina e prometto di usarla. Di più. 

Avrò un prato per me, i bambini e i cani. Sarà un bell’ossigeno. 

Pochissime cose nuove. Ho già tutto ciò che mi serve. Mi impongo l’essenziale

Sarà un posto a modo mio. Un nido che voglio aprire senza più timore di doverlo difendere. 

Riattiverò il televisore. Aspettando l’inverno per un film sul divano. Ne ho bisogno. 

Ho la certezza del punto di partenza per ciò che mi sono ripromessa di fare da qui in avanti. 

Ho rotto quasi tutte le mie armature e mi carico di ciò che davvero ho voglia di fare : vivere. Bene. 

Nell’ultimo anno e mezzo ho calato quasi tutte le maschere. Ed è stato così liberatorio che finalmente assaporo molte più sfumature

Ho raggiunto traguardi importanti. Come madre. Come donna. Come professionista. 

Ne sono felice, anche orgogliosa, ma la mia natura mi impone di continuare. E ho in cantiere circa un centinaio di nuovi deliri. Prometto a me stessa di assecondarne almeno una decina. 

Mi arrabbio ancora troppo. Non così spesso ma quando mi arrabbio è furia

Sto cercando di domarmi. Di riflettere. Di cambiare prospettiva. 

Ma ci sono quelle tre o quattro cose su cui temo di continuare a friggere. Ci penserò per i 40. 

Ho ricevuto un enorme regalo. 

È così prezioso che non posso descriverlo. Continuerò a prendermene cura con tutto l’amore che ho. Lo merita

Ho un’idea importante a cui al più presto voglio dedicare tempo. 

Ho un pensiero che mi fa sorridere anche mentre cammino per strada. 

Ho un desiderio grande che spero si realizzi. 

È stato un bell’anno. 

( faticoso) 

Con poche ore di sonno ( ma quello oramai è tradizione, come dice un amico).

Meno virtuale e più reale. Un anno concreto e a modo suo determinato. 

Alcune certezze che rimangono : il caffè , la lotta coi miei capelli, la passione nello stomaco, ridere con le lacrime, piangere asciutto, la musica altissima in auto, la Sardegna nel sangue, la Toscana nel cuore, la macchina delirio, la sala chirurgica al lavoro, la fretta, il non mi basta il tempo, il non chiedere, l’apprezzare l’aiuto, l’ascoltare tutti e poi fare di testa mia. 

A diciotto anni ho impresso sulla pelle 

 ” rinata”. 

Credo che oggi potrei scriverlo di nuovo. 

Auguri a me! 

LA VERITÀ. 

La verità è che non puoi più essere solo un’estetista. Ricopri almeno una decina di ruoli accessori :

  1. Organizzatrice di eventi ( vedi capitolo sposa)
  2. Servizio emergenza pari al 118
  3. Commercialista ( anche se ne paghi uno)
  4. Consulente del lavoro ( vedi sopra)
  5. Psicologa
  6. Psichiatra
  7. Baby sitter ( perché fare un massaggio in relax quando puoi rovinartelo con un micro bipede che ti saltella intorno?)
  8. Dog sitter ( vedi Ciuffi)
  9. Saltimbanco ( a noi la giornata storta non è concessa)
  10. Wonderwoman

Ecco. Punti principali.

Io ho inserito l’11esimo. Il blog. Certo. Mi apro un blog e scrivo. Facile. Peccato che poi non ci stai dietro. E arrivi al punto che ti sollecitano ( ciao Laura P.). Quindi dici: è un anno che non scrivo /poi vi dirò perché / ricominciamo.

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Cazz….. La password. Ho inserito password per tre giorni. Vuoto totale. Ho provato di tutto, compreso ADESSOMIUCCIDO.

Niente. Finché capisco che posso rimediare cambiandola. Banale? Per niente. Marea di dati, numeri, nomi, codici … Ricordo le settimane di gestazione delle mie clienti e poi vado in panne per una password. Sto ricoprendo troppi ruoli? Forse.

Dai.  Ricomincio a scrivere. Che tanto non ho altro da fare.