PUNTUALMENTE, IN RITARDO.

Non so voi, ma io continuo a sentirmi indietro di qualche passo.

Da questo fermo amministrativo alla vita, da questi tre mesi assurdi, fatico a riprendermi.

Credo che il primo ritardo sia iniziato la prima settimana di lock down.

Giorno uno: esplosione della caffettiera. Per una come me, che il caffè lo inietta in vena circa novanta volte al giorno, è stata una frustata in faccia.

Nello scoprire che le caffettiere non sono bene primario e che quindi non avrei potuto acquistarne un’altra, ho provato qualunque tipo di surrogato: caffè solubile, orzo, terra del giardino.

Nulla di buono. Il caffè è caffè, punto.

Credo che il mio ritardo sia iniziato così, con l’astinenza da caffeina.

La gente cantava sui balconi alle 18, e io ancora stendevo i panni.

La vicina di buon mattino impastava le fettuccine e io cercavo il senso della giornata.

Il mondo dormiva, io ero sveglia.

Mentre tutti trovavano fantastiche occupazioni e gioivano per questa ritrovata felicità casalinga, io rincorrevo giorni sempre uguali in cui mi sentivo letteralmente in gabbia.

Credo che casa mia abbia a un certo punto assunto le sembianze della puntata sette di “sepolti vivi”.

Il mio “io” ordinato era ovviamente in ritardo e ha lasciato rapidamente il posto alla quindicenne ribelle che appoggia tutto dove capita e “ci penso dopo”.

Salvo poi svegliarmi compulsiva, una mattina qualunque, e riordinare tutto come Marie Kondo.

Ditemi che non sono la sola… per favore …

Il primo giorno in cui mi sono seriamente guardata allo specchio ho capito che le settimane stavano inesorabilmente passando.

Capelli bianchi in prima linea, il degrado reso donna.

Ve lo ricordate come si sta senza parrucchiera e senza estetista?

Alla prossima pandemia lo specifichiamo a Conte che sono un bene primario?

Che piuttosto ci faccia sparire il detersivo, ma lasci aperti i centri bellezza! O no?

Ve li ricordate i baffi sino alle ginocchia?

Le ascelle di Tarzan?

La cofana in testa?

Ecco…

Tutto questo insieme al ruolo di casalinga, alla tuta-pigiama permanente e alla didattica a distanza: fonte di esaurimento quotidiano.

La didattica a distanza … vogliamo parlarne?

Almeno due lezioni alla volta, un solo computer. Ed è subito discussione tra fratelli.

Passava una nuvola, morta la connessione.

Entravano nell’aula virtuale e dopo dieci minuti venivano espulsi non si sa perché.

L’adolescenza scorbutica ha toccato vette altissime.

Parliamo di “CLASSE VIVA”?

Era viva veramente, mi sembrava un luogo nuovo ogni giorno, con i compiti che si mescolavano in ordine sparso. Cercavo aprile, usciva marzo, cliccavo matematica e si apriva il link, che rimandava al video, che conteneva la password per il quiz, che andava inviato via mail. Santocielo che fatica!

Le password …

Ne avremo create una cinquantina di nuove. Il mio frigo era tappezzato di promemoria, ma tanto anche quelle si rimescolavano in completa autonomia.

Io odio le password. Da quel momento, ancora di più.

Le lezioni delle elementari?

Sentivo il buongiorno della maestra e poi partivano le voci di tutti i compagni di mio figlio CONTEMPORANEAMENTE : maestra guarda il mio gatto! Maestra mia mamma qui ti saluta! Maestra guarda questo braccio che mi prude! Maestra hai visto la mia maglia?

Dopo un’ora era la stessa nausea del post montagne russe.

A settembre rivoglio la scuola.

Fate cosa volete, io rivoglio la scuola VERA.

Non “viva”.

E sono pronta a incatenarmi in piazza come Sandra Milo, urlando Ciro! Ciro! Oddio la scuola di Ciro!

Giuro che lo faccio.

Il ritardo mi è rimasto addosso.

Non so voi ma io ho perso il ritmo. Hanno riaperto i bar e non riesco a ritrovare nemmeno il vecchio tempo della colazione.

Sto dando la colpa persino al traffico. Mi sembra peggiorato, come se la gente non sapesse più guidare.

A me le strade vuote non dispiacevano affatto…

Sarà la folla di persone in giro? Non vi pare che siamo più di prima?

Osservo ciò che mi succede intorno e mi sembra pure che ci si sia incattiviti un po’.

Quelli degli arcobaleni e delle canzoni sul balcone dove sono finiti? In vacanza?

Non lo so.

Avrò tempo per capire questo nuovo mondo e di riappaiarmi con il giusto tempo.

Forse.

L’unica cosa che spero non passi, almeno non del tutto, è questa strana veglia notturna. Perché tante notti vi ho osservati dormire, amori della mia vita, e ed è stato bellissimo.

Che poi forse è il senso di questo gigantesco singhiozzo temporale:

fermarsi, osservare, amare.

Dicesi: vita.

DONNE IN QUARANTENA

La situazione è questa: siamo all’inferno.

Quando sento Conte che parla di “lavori di prima necessità “ mi immagino la sua fidanzata che scuote la testa…

Ma vi rendete conto di come siamo messe?

Andrà tutto bene, cosa?

Il primo giorno in cui ci faranno uscire di casa dovremo indossare la tuta da palombaro e la maschera di Goldrake.

Vogliamo parlare di necessità?

I peli sulle gambe, i baffi e la ricrescita dei capelli a che punto del decreto li abbiamo messi?

Non ci sono Santocielo!

Perché questi son tutti uomini!

Non hanno idea!

La mia chat del negozio ha oramai una fornitissima galleria che arriva direttamente dalle grotte marine…

Lo capite che ci sono donne che si stanno depilando con lo scotch marrone per i pacchi?

Hanno le gambe che fanno concorrenza ai mariti!

I figli al mattino le chiamano “papà”!

Baffi ad altezza mento.

E i capelli?

Vogliamo fare cinque minuti di silenzio per le parrucchiere che ci ritroveranno con i capelli verdi?

Perché l’alternativa è fare la Juve con la chioma…

Io mi son fatta la tinta a casa e ho il lavandino del bagno da buttare, le braccia che sembro un dalmata e una maglietta in meno… che disastro!

Ma poi.

Tutto subito sì, certo, ritroviamo la famiglia, il calore della casa, i nostri cuccioli…

Io sto capendo seriamente le lotte femministe, dannazione.

Livello sguattera raggiunto e vinto.

Tutto è scandito dal cibo.

Cosa mangiamo?

Fai la spesa, prepara, cucina, apparecchia, mangia, sparecchia, lava i piatti, riordina, riponi, passa il pavimento e ricomincia da capo.

Ma che meraviglia!

L’adrenalina della giornata te la da la lavatrice. Sento gente che ha iniziato a parlarci con la lavatrice.

E poi le pulizie.

Abbiamo case che sembrano sale operatorie. Puliamo anche i soffitti. Scopriamo angoli che a gennaio non esistevano!

E le madri che parlavano dei loro figli adorati dove sono finite?

Hanno tutte l’espressione di Malefica.

Per inchiodare i ragazzi alla scrivania utilizziamo metà della dose giornaliera di minacce.

Il resto lo utilizziamo all’accensione del computer: collegamento con la scuola, scaricamento di file, scansione dei testi, invio via mail, fax alla bidella, esperienze virtuali, il tutto con almeno novanta trilli dalla chat di classe.

La chat di classe …

Ci siete dentro? Perché i genitori in queste settimane stanno danno il massimo! Siamo a livelli altissimi! Con scene isteriche fantastiche…

Io comunque sono giunta ad una conclusione assoluta: l’insegnante non l’avrei potuta fare nemmeno in un’altra dimensione.

Ma come fanno a sopportarli?

Sante maestre…

E i mariti?

I vostri mariti come stanno? Vedo i video online, son tutti con le occhiaie, un po’ curvi, la rassegnazione in faccia. Non avevano previsto un trapanamento di timpani così lungo … poveri …

Si stanno inventando qualunque riordino pur di sfuggirci. Sistemano il garage. La cantina. La soffitta. La cassetta degli attrezzi. Mettono in ordine alfabetico la libreria. Catalogano i CD. Scansionano le diapositive del 1976.

Qualunque cosa.

Qualunque cosa pur di non averci intorno.

Il primo giorno di libertà non so in che stato saremo.

Sicuramente splendide no … in forma no… rilassate nemmeno…

Ma sì, andrà tutto bene.

Stiamo chiuse in casa, che magari finisce prima.

Santocielo.

♥️

MANUALE DI SOPRAVVIVENZA per donne disperate.

Donne!

Abbiamo 21 giorni da organizzare!

Ci vorrà molta pazienza.

Molta.

Molta.

Molta.

Per questo ho pensato di darvi alcuni spunti per arrivare al giorno 22 senza pendenze penali.

1 • Pettinarsi accuratamente i baffi. Estetiste chiuse, baffi ad altezza sterno. Debitamente acconciati, saranno piacevoli.

Tempo previsto : 30 minuti al giorno.

2 • Imparare a mettersi l’eye liner.

Prima di andare in ufficio è il peggior incubo, perché a metà opera sei nera anche sugli zigomi. Questione di esercizio. Obbiettivo raggiunto con : 1 ora al giorno.

3 • Mettersi lo smalto e riuscire finalmente a farlo asciugare.

Non hai scarpe da mettere, cappotti da infilare. Una volta lavati i piatti hai tutto il tempo necessario.

Tempo medio: 2 pomeriggi a settimana.

4 • Farti la maschera viso senza paura che qualcuno suoni alla porta.

Alleluia! nessuno vuole entrare in casa tua e puoi mascherarti come il Grinch in totale serenità.

Tempo previsto: 30 minuti, due volte a settimana.

5 • Districare i peli delle tue gambe con la spazzola del gatto.

Le piscine sono chiuse, stiamo in tuta da mattina a sera, crescita incolta, accarezzamento stile pet therapy. Una cosa è certa: tuo marito non sbufferà più per i continui appuntamenti al salone di bellezza.

Tempo consigliato: 1 ora al giorno.

6 • Trovare acconciature che camuffino la ricrescita dei capelli bianchi.

A disposizione su YouTube specifici tutorial di Moira Orfei.

Tempo previsto: 2 ore al giorno con pianto incluso.

7 • Togliere i punti neri a tuo figlio adolescente.

È talmente stordito dal non poter uscire, che sarà persino docile.

Sessioni consigliate: 2 a settimana da 30 minuti circa.

8 • Osservarsi attentamente allo specchio e scoprire che oltre ai baffi, sta spuntando la barba.

La sessione è in tre tempi.

Prima fase: 30 minuti di panico disperato. Seconda fase: corrompere l’estetista con sms minacciosi, foto con zoom e messaggi vocali, per altri 30 minuti. Terza fase: accettazione, rassegnazione e “tanto non mi vede nessuno”. Ripetere 5 volte per 20 minuti a giorni alterni.

9 • Piegare tutto, lavare tutto, stirare tutto, fare torte, marmellate e arrosti, parlare con la lavatrice, ballare col ferro da stiro, usare i mestoli come microfoni per cantare, leggere i dieci libri che hai comprato, imparare il russo, russare al pomeriggio.

A scelta, ogni giorno, due ore, mattina o pomeriggio.

10 • Spiegare con calma a tuo marito cosa volevi dire ogni singola volta in cui ti ha chiesto cos’hai? e tu hai risposto “niente”. Qui è necessario che lui abbia a disposizione un divano e acqua fresca per idratarsi, e tu uno spazio sufficiente per camminare avanti e indietro gesticolando. Mi baso sui tempi minimi, perché valuto l’energia che ti serve e le mezz’ore in cui lui si addormenterà.

Tempo medio previsto: otto giorni.

Ok.

Direi che è un’ottima partenza.

Calcolando che dobbiamo anche lavarci, mangiare e dormire, direi che questi 21 giorni voleranno.

Fatemi sapere.

O LA BORSA O LA VITA? La borsa!

Vedevo giorni fa un servizio su uno scippo in strada.

Scena :

Malvivente punta anziana con borsa.

Malvivente acchiappa borsa con rapido strattone.

Anziana rimane incollata alla borsa e si fa trascinare da malvivente.

Giuro! non la mollava! La forza di cento leoni!

Ora. Cosa terrà mai in borsa un’anziana signora di tanto prezioso da non lasciare la presa in quel modo? I soldi della pensione : è l’unica risposta sensata.

Penso al contenuto che potrebbe avere quella di mia nonna.

Tipo :

Portafogli con qualche spiccio per comprare due mozzarelle alla drogheria di quartiere.

Tessera del Maxisconto.

Busta di nylon ripiegata con chiusura a bottone. Biglietti di vario tipo.

Fazzoletti. Cellulare vecchio e rigorosamente spento.

Una matita.

Foto del marito defunto. Foto della figlia del cugino vivo. Foto del nipote quando era militare ( ora è nonno a sua volta).

Nessun documento, solo fotocopie ( anziana ma non stupida).

Le chiavi no. Sono in tasca.

Anelli no. Sono legati alla catenina.

Forse, da buona sarda, può avere in borsa un coltellino. Unico pezzo prezioso. Ma non devo dirlo o si arrabbia.

Il resto vale zero.

Nonostante questo, sono certa che si farebbe trascinare per chilometri pure lei, pur di non mollare la sua preziosa borsa.

In barba all’età, è una donna santocielo. E con la borsa ci andrebbe pure a dormire!

La capisco. Farei esattamente lo stesso.

Praticamente la natura ci regala alcuni equipaggiamenti naturali con cui fare i conti : i peli, le tette e la borsa.

Tutta la vita.

Ma se con peli e tette vale la regola del bluff ( i peli li togli e sembra che non li hai, mentre le tette le inguaini e sembra che le hai) con la borsa non si mente.

La borsa racconta tutto.

Guarda una, una che entra in un locale, per dire. Guarda la sua borsa e puoi già fare una mezza seduta psicologica.

Intanto : la dimensione.

Una donna che si rispetti trasporta una borsa a cui mancano solo le ruote per essere una valigia. Perché la borsa è casa.

In borsa hai TUTTO.

Lo spazzolino, lo specchio 3D, cibo, deodorante, agende, libri, chiavi di casa anche dei vicini, album da disegno, chiodi e martello e trapano, piumino per la polvere, costume da bagno e ombrello per la pioggia. Trucco da giorno. Stucco per la sera. Una penna. Pure due.

Tutto questo perché non si sa mai …

Hai bisogno di qualcosa? Fame? Sete? Voglia di qualcosa di buono? Ambrogio levati che apro la borsa.

Se hai figli poi … trasporti pure abaco e dizionario e mutande di ricambio.

E se una donna non ha una borsa gigante, per me, ha qualche problema. Cioè : come fa?

Io, per dire, quelle con la pochette le guardo con sospetto … ma che ci mettono dentro? Le parolacce che non osano dire?

Le borse piccole le hanno senza dubbio inventate i maschi. Solo un uomo può pensare che si possa scegliere il contenuto: rossetto o profumo? chiavi o fazzoletto? telefono o sigarette? scarpe o assorbenti?

No, non si può. Bisogna mettere tutto.

Le pochette le hanno inventate per i matrimoni, ossia per quando sei vestita come una rimbambita e hai bisogno di qualcosa tra le mani per alleviare l’imbarazzo.

L’avete notato vero che ai matrimoni hanno tutte la borsa piccola? Perché quella vera rimane in macchina, nascosta da un drappo, e alla festa ci vai con quella finta. Giusto da tener dentro il cellulare per fare la foto con la tua amica vestita in verde merda, la stola sulle spalle e lo smalto viola.

Ecco. Ai matrimoni fiumi di stole e pochette, praticamente il teatro dell’assurdo.

La borsa

Deve

Essere

Grande !

E con il peso specifico di un trattore.

Le vere borse PESANO. Pesano della sostanza di mondi paralleli che trasportiamo a spalle e che si mischiano in rigoroso ordine sparso. Altro che divisori!

Ah, un consiglio.

Non svuotatele mai del tutto!

Io ad esempio tolgo i pezzi necessari, tipo portafoglio e portatutto, portaqualche, chiavi di casa, del negozio, chiavi inglesi, calze, mutande, fazzoletti, salviette, roll on, roll off, roll up, rock and roll… insomma, ciò che mi serve strettamente, e il sottobosco lo lascio.

Così quando la riprendo sei mesi dopo diventa la fiera della gioia : oh il mio becco per i capelli! oh ecco qui i guanti! oh queste caramelle del 1989, vediamo se sono ancora buone!

E poi i soldi!

Al cambio borsa guadagno sempre almeno venti euro in monete sparse in vari canestri al volo.

Dunque.

La borsa o la vita?

Coincidono… come si fa a scegliere?

Sai cosa? Scelgo la borsa.

Che se la tiro in testa al malvivente lo tramortisco sicuro, e ho salva la vita.

Vedi?

Borsa!

In foto : borsa oversize tote bag eidosaronno. Oserei dire : LA borsa.

RINASCERE UOMO? Naaaa…

Quante volte le mie clienti sul lettino si dimenano tra dolori indecenti e a denti stretti mi sussurrano : nella prossima vita rinasco uomo.

Questo succede mentre io mi districo in operazioni ginecologiche di alto livello, spiegando che magari se evitassero il semplice risveglio primaverile del “levami tutti i peli” si soffrirebbe meno tutti.

Io compresa.

Non avrei nessuna voglia di rinascere uomo.

Un uomo oggi vive costantemente sotto la lente di ingrandimento. Molto più di noi.

Intanto magari ha una moglie che lo spedisce dall’estetista a levarsi i peli, e credetemi, soffre come un cane.

Ne ho visti in lacrime.

Perché, ricordiamolo, noi possiamo essere pelose, ma loro hanno le liane. Ascelle che sembrano capelli, schiene da pettinare, riporti sulle cosce. Prova a strapparli quei peli lì! e poi mi dici cos’è soffrire…

Noi siamo programmate al dolore, il fatto che non perdiamo la vita con le doglie dimostra il carico che ci ha donato la natura.

E poi noi pretendiamo di tutto.

Che siano maschi, ma teneri, che spacchino le pietre ma senza ruttare, che apprezzino la nostra cucina ma cucinando loro.

Vogliamo che facciano i fidanzati/mariti/amanti ma anche i padri. E che non vomitino cambiando un pannolino.

Che parlino. Che ascoltino. Che capiscano.

Cos’hai amore?

NIENTE.

E DEVONO capire.

Capire cosa? che nemmeno noi ci capiamo un cazzo di quello che ci passa per la testa…

Hai il ciclo? chiedono.

Perché poveretti mica hanno ancora capito che noi il ciclo l’abbiamo tutti i giorni. Basta un nulla, un respiro sbagliato, una parola storta, una piccola dimenticanza che il ciclo ci arriva.

Istantaneo.

Mentale.

E la menopausa non è un traguardo. Il ciclodramma non finisce MAI.

È perenne e avvolto nel mistero. Non si sa quando arriva, non si sa perché e non si sa QUANDO passa.

Stai male?

MA SECONDO TE? E parte il ruggito… poveretti.

Questi camminano sulle uova tutti i giorni, signore mie, con un inconfessabile terrore di essere sbranati a tradimento di notte.

L’uomo di oggi deve essere psicoginecologo praticamente.

Deve individuare il prima possibile l’inizio del nostro delirio e fare come fanno gli analisti : buttare lì una domanda e lasciare che la seduta inizi, pronto a una valanga di merda.

E questo se hanno la fortuna di avere in casa una donna che parla.

Perché se poco poco lei ha crisi sociopatiche con mutismo a oltranza, son cazzi.

Ditemi che non vi è mai successo. Togliergli parola, saluto, sguardo e ossigeno PERCHÉ DEVE CAPIRE.

Cosa deve capire?

Capisce che siamo matte…

“Gli uomini non sono più quelli di una volta”. Dico io, per fortuna.

Mio nonno, semplice e sincero, in situazioni come queste avrebbe consigliato senza giri di parole a sua moglie di buttarsi un po’ d’acqua fredda in faccia. Datti una calmata, insomma.

Gli uomini di oggi vivono con un punto interrogativo sulla fronte per massimo due giorni, poi in qualche modo si esprimono. È evoluzione della specie.

Lo sanno che siamo mine vaganti …

Un giorno è venuto qui un mio cliente e mi ha detto : Anna mi ha appena scritto un messaggio. Diceva : “pensaci e quando capisci ne parliamo”.

Secondo me ci sta pensando ancora adesso. Credo che si sia interrogato su qualunque cosa, dal bucato steso storto alla spazzatura non buttata, al ritardo di tre minuti e alla pasta cotta troppo al dente.

E poi magari Anna aveva accorciato la frangia e invece lui aveva notato le scarpe.

Ma ci rendiamo conto?

No no. Preferisco mille volte essere donna e sentirmi dire che sono ciò che ( in effetti) sono , che non dover vivere con l’ansia da prestazione sempre.

Che poi se son maschio e mi monta l’ansia anche il mio bene più prezioso (…) smette di rispondere ai comandi ed è un disastro su tutta la linea.

Noi ci appropriamo di tutti i ruoli e con fierezza sgomitiamo nel mondo. Tra sbalzi di umore e geometrie esistenziali, come diceva qualcuno, con la sola incombenza di levarci i peli.

E di essere in forma e sexy.

Mamme e amanti hard.

Lavoratrici e lupe alla tana. Organizzatrici di vite e orizzonti.

Dive da copertina con propensione allo sport.

Decise ma sorridenti.

Ferme e comprensive.

Empatiche.

Simpatiche.

Rapide ma non caotiche.

Intelligenti ma non noiose.

Tutto questo con il ciclo perenne.

Dai! è fighissimo! 🤦🏻‍♀️

IL DILEMMA: LE SOPRACCIGLIA.

Le sopracciglia.
Ah! Le sopracciglia…
Questione spinosa per una estetista.
Di norma la cliente prenota dicendo banalmente ” devo fare le sopracciglia”. In realtà per l’estetista si preannuncia un lavoro titanico.

Varie le opzioni.
LA CLIENTE CONSERVATRICE.

Le sue sopracciglia le piacciono così come sono. Non le vuole più piccole, nè più grandi, né con forme strane. È di quelle che ” me le pulisca solo un po’ “. Quei due peli che potrebbe pure togliersi lei ma no, viene dall’estetista. Come le tolgo il primo dei due peli , la conservatrice vuole lo specchio. Sia mai che la pinzetta abbia acchiappato più peli dei due pattuiti. Esce specchiandosi ovunque, anche nel quadrante dell’orologio. Ancora uscendo mi guarda seria dicendo ” non ne abbiamo tolte troppe,no?”
No signora. Sono uguali a prima. Tranquilla.

LA CLIENTE TERRORIZZATA

Ha avuto esperienze pazzesche. Si è come minimo svegliata una mattina e sullo specchio ha trovato un graffito fatto con le pinzette che diceva ” ti ho tolto tutte le sopracciglia!” Firmato dalla ex estetista. Racconta di tutto. Ho sentito dalle terrorizzate che la ex ( estetista) le levava via tutta l’arcata in un solo strappo , usando al posto della spatola la palettina di plastica del caffè delle macchinette. Le ha fatto buchi tra i peli, ma che dico buchi, le ha fatto voragini! Ci sono voluti mille mila anni per rimetterle in sesto. Anche lei vuole lo specchio, lo tiene con le unghie. Trattiene il respiro, spia con l’altro occhio e non molla l’attenzione. Più che una depilazione è un corso di training autogeno.

LA CLIENTE FASHION

Arriva con la pagina di giornale. “Voglio le sopracciglia così. Uguali a lei”. Di solito è Ilary Blasi . Quando va bene è la Bellucci. Ora. Come lo spiego io alla fashionista che i connotati son proprio diversi? La fashionista di solito è carina, curata, ma come la Bellucci è dura.

LA CLIENTE FAI DA TE

Tipologia impegnativa. Arrivano i stati allucinanti, ma sono tenere, perché lo ammettono subito di aver fatto un casino. Sono così mortificate del loro operato che diventano delle adepte. Non sgarrano più. Super pentite, ogni 15 giorni arrivano fiere e incolte , con quel sorriso stampato che vuol dire una cosa sola :” non le ho toccate!”. E io son fiera di loro, le mie bambine!

LA CLIENTE SO TUTTO IO

Cliente super difficile, mi fa impazzire. Il dialogo di solito è questo:
” Allora ccciaooo, fammi le sopracciglia e fammele belle. Senti, me le fai sotto con la cera, sopra con la pinza, in mezzo poco poco. Poi me le tagli ma non troppo. Non accorciarle ma togline abbastanza perché a me piacciono piccole. Non troppo però. Come forma se puoi fammele ad ala, non troppo, con la curva sopra un po’ ad arco”. Ecco. Ho già l’odio.

LA CLIENTE CONFUSA

Ha in testa qualcosa ma non sa neanche lei cosa. Sa che le sopracciglia si chiamano in un certo modo ma non ricorda quale. Quindi spara a caso. Vorrebbe l’ala di gabbiano. Finisce col chiedere la coda di rondine, il nido di cuculo, la coda di rospo, le lingue di gatto, gli archi, gli archetti, le mezze lune, le conche, le curve, e chi più ne ha più ne metta. Il grande sforzo è non ridere. Quasi impossibile.

IL CLIENTE UOMO

Apoteosi. Racchiude in un solo personaggio tutte le clienti sopraccitate. Arriva timido. Sotto sotto lo ha costretto la fidanzata. Terrorizzato dal dolore. A mala pena riesce a bofonchiare ” non farmi male, ti prego” . Ma deve portare a casa il risultato se no lei lo cazzia. Non troppo però perché se no alla partita di calcetto con gli amici lo sfottono. Si affida, come un neonato, si tiene forte al lettino, contrae l’addominale durante lo strappo, poi soffia stile allenamento. Lui lo specchio non lo vuole, ha sentito talmente male che è sicuro del mio operato. Uscendo, spesso, mi dice ” lo puoi dire a mia moglie che non mi sono lamentato?” .
Ma certo, uomo, mi fai tenerezza. Glielo dirò che sei stato bravissimo, e ti saluto con tanto affetto, perché so già che questo è il tuo primo ed ultimo appuntamento.

Nascita di un’estetista. Elogio al pelo.

Ricordo ancora il giorno della mia prima ceretta.

Beccata in bagno da mia madre che trafficavo con qualche intruglio sciogli peli sono stata trascinata all’istante dalla sua estetista.
Una giornata indimenticabile.
La sciura Maria del centro estetico mi infila in un gabbiotto minuscolo. Un odore di cera fusa a ottomila gradi. Lei che lavorava fumando. E poi eccolo, il cucchiaio di legno. Lo immergeva nel calderone rovente e spalmava. La cera era così calda che a contatto con la pelle diventava solida e veniva strappata a mano. Inutile dire che poi veniva ributtata nel pentolone e utilizzata di nuovo.
Un unico pensiero nella mia mente: MUOIO.
Fu così che presi la decisione di fare da sola a casa.
 Fu così che si sparse la voce e divenni la strappatrice ufficiale dei peli familiari nei fine settimana.
Usavamo quelle strisce pronte da scaldare con le mani. Dopo qualche livido procurato son diventata bravissima.
Forse già allora mi beavo nel procurare dolore. Un dolore piccolo, per carità, ma è una sensazione che solo un’estetista capisce.
Il commento più frequente delle mie clienti durante la ceretta è ” Ma un po’ sadiche lo siete!” .
Ebbene sì. Lo siamo.
Dirò di più. Più ci son peli più ci piace.
La miglior cliente è quella che ti dice Non tolgo i peli da due mesi, così li ho fatti uscire bene tutti!”
Ecco. Lì scatta l’applauso.
 Noi di quelle clienti ne abbiamo proprio bisogno. E quando abbiamo finito, quando abbiamo tolto fino all’ultimo pelo, quando abbiamo usato persino la pinzetta, quando abbiamo sfiorato il limite della chirurgia microscopica…. è lì che abbiamo il picco di adrenalina. Il nostro ego è soddisfatto!
Quindi, carissime clienti, sappiatelo: più siete pelose e più vi amiamo. Più arrivate in stati tremendi e più ci rendete felici. Abbandonate la vergogna di spogliarvi e donate i vostri peli all’estetista come se fosse il dono più prezioso.
Quando uscite dal centro estetico felici, lisce come bambine, pronte al più sgambato dei mini bikini, alle vostre spalle sorride l’estetista: gonfia d’orgoglio, appagata, soddisfatta.
Grazie !